Ali Khamenei (foto LaPresse)

Aprire gli occhi sull'Iran

Redazione

Il dovere dell’Europa di reagire con l’America alla pirateria dei pasdaran

I ripetuti atti di pirateria perpetrati dalle Guardie della rivoluzione iraniane dovrebbero rendere chiaro anche a chi non lo vuole vedere che il regime degli ayatollah è per sua natura irriducibile a un qualsiasi sistema di sicurezza condiviso. La ragione di fondo, al di là delle singole vicende, sta nel carattere rivoluzionario di quel regime, che a differenza di altri regimi autoritari o persino bellicosi, come per esempio la Corea del nord, non punta a ottenere vantaggi e riconoscimenti per una propria area di influenza nel contesto internazionale ma punta a farla saltare.

  

Nella natura del militarismo c’è una vocazione espansionistica, certamente pericolosa, che però, proprio perché ricerca un riconoscimento della propria autorità, finisce col riconoscere se non altro la logica dei rapporti di forza. La teocrazia armata di Teheran, invece, intende acquisire un’egemonia strategica non solo militare ma anche religiosa su tutto il medio oriente, capeggiando le forze che vogliono cancellare Israele dalla carta geografica, il che sancirebbe la superiorità, all’interno del grande mondo islamico, della frazione sciita.

  

Sono obiettivi che non possono essere gestiti attraverso trattative, come dice da sempre il governo di Tel Aviv (che sia espressione della destra o della sinistra). Anche il piano nucleare iraniano, gabellato come l’esigenza di diversificare le fonti energetiche civili (in uno dei paesi più ricchi di petrolio del mondo) non poteva che avere finalità politiche, oscillanti tra quella di imbrigliare l’occidente in una trattativa specifica che avrebbe isolato Israele e quella, che alla fine si è realizzata, di dividere l’Europa dall’America. Ora l’Europa deve decidere se reagire, insieme all’America, alla pirateria dei pasdaran, per restaurare il diritto di navigazione che è all’origine di ogni sistema di garanzia internazionale, oppure continuare a fingere che tutto dipenda dalla decisione di Donald Trump di non fidarsi delle menzogne iraniane.

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