Le due strade di Varsavia
Il futuro dell’europeismo polacco dipenderà dalla risposta del PiS alla Corte Ue
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha dichiarato che la riforma della magistratura polacca introdotta nel 2017, che prevede il prepensionamento dei giudici e dei pubblici ministeri, vìola il diritto dell’Unione europea e il principio secondo cui i giudici dovrebbero essere protetti dalla rimozione dall’incarico per motivi politici. La Commissione europea si era rivolta alla Corte di Lussemburgo perché riteneva che le leggi introdotte dal partito nazionalista PiS discriminassero le donne e dessero troppo potere al ministro della Giustizia, ledendo così il principio di divisione dei poteri.
La Corte ha dato ragione alla Commissione e adesso sta al governo, ancora in via di formazione, decidere se modificare la riforma e rimettersi sulla strada dei valori europei, oppure se andare avanti, assumere le possibili sanzioni come conseguenze, e continuare a stravolgere lo stato di diritto della nazione. Il PiS governa dal 2015 e si è confermato primo partito dopo le elezioni del 13 ottobre, ottenendo la maggioranza alla Camera ma non al Senato, piccolo e importante ostacolo alla completa realizzazione delle sue riforme illiberali, inclusa una legge che vorrebbe limitare la libertà sui media.
Tuttavia lo stato della democrazia polacca non è ancora al livello di quella ungherese, a Varsavia c’è una forte opposizione e anche una società più attenta e pronta a protestare rispetto a quella ungherese. Da come il governo risponderà alla deliberazione della Corte, la Polonia potrà immaginare il suo futuro che preoccupa molti, a Varsavia ma anche a Bruxelles.
Intanto ieri è arrivata una provocazione da parte di Jaroslaw Kaczynski, leader del partito, con la nomina al Tribunale costituzionale di Krystyna Pawlowicz e Stanislaw Piotrowicz, due ex parlamentari del PiS, molto contestati e poco amati. Kaczynski si sente intoccabile, ora sta all’opposizione dimostrare il contrario.