Gli smemorandum dell'immigrazione
Contro le anime belle che criticano l’accordo con la Libia senza alternative
Come se non bastassero i problemi interni, nella maggioranza monta una polemica autolesionista sulla Libia. Al centro c’è il rinnovo del memorandum in scadenza il 2 febbraio con il governo di Fayez al Serraj in carica a Tripoli (ma non sul resto del paese), e le richieste di parte del Pd e dei 5s che venga rinegoziato in senso umanitario. L’accordo fu raggiunto a novembre 2017 con presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e ministro dell’Interno Marco Minniti, il quale già allora si attirò le critiche delle anime belle.
Prevedeva in sostanza che la Guardia costiera libica, aiutata operativamente e finanziariamente dall’Italia, tenesse sotto controllo le partenze confinando i migranti dell’Africa sub-sahariana in centri cosiddetti di accoglienza supervisionati, per così dire, dall’Onu. I flussi si ridussero del 97 per cento, proporzione poi quasi azzerata dal blocco dei porti italiani attuato da Matteo Salvini.
Luciana Lamorgese, succeduta a Salvini e Minniti, propone di riformare il memorandum con la progressiva chiusura dei centri, la costruzione di nuovi gestiti direttamente dall’Onu, e con il solito e mai concretizzato coinvolgimento dell’Unione europea. La fronda guidata da Matteo Orfini protesta e sostiene che aver dato il controllo alla Guardia costiera libica è come aver nominato sceriffo il bandito del paese.
La domanda è: qual è l’alternativa? Le anime belle pare ignorino che un governo centrale di fatto in Libia, tranne sotto la dittatura di Gheddafi, non è mai esistito, è una finzione diplomatica. Il paese è storicamente diviso fra Tripolitania e Cirenaica, tra loro in perenne conflitto (la Cirenaica è sotto il controllo del generale Haftar e dell’Egitto) dove poi contano clan e tribù. Con questi fece i conti l’intelligence italiana dopo la firma di Minniti. Non è certo il bene, ma il massimo che si poteva e si può fare.
Considerare la Libia un paese normale è un’ipocrisia. Non lo fa la Spagna con il Marocco (c’è un muro armato ed elettrificato), che pure ha un governo più stabile. Non la Francia con Mali, Niger e Ciad. Non la Germania quando ha preteso il pagamento alla Turchia di 5 miliardi dall’Ue per tenere a bada i profughi siriani. Oltre all’economia la sinistra può studiarsi un po’ di storia?