Un'identità nazionale responsabile
Ad Auschwitz Merkel ricorda che senza consapevolezza e memoria non c’è futuro
Angela Merkel è andata ieri in visita ad Auschwitz, la prima volta da cancelliera, la prima volta di un cancelliere tedesco dal 1995. Accompagnata dal primo ministro polacco Mateusz Morawiecki e da un sopravvissuto del campo di concentramento, l’ottantasettenne Bogdan Stanislaw Bartnikowski, la Merkel ha poi tenuto un discorso a Birkenau durante il quale ha detto di provare “profonda vergogna” per quello che è accaduto in quei luoghi, lo sterminio degli ebrei da parte del Terzo Reich, “non ci sono parole per esprimere questo dolore”, ma c’è la memoria, la memoria responsabile. Citando Primo Levi, la cancelliera ha detto che “ricordare questi crimini è una responsabilità che non finisce mai e appartiene in modo inseparabile al nostro paese”, ma la memoria e la responsabilità non sono sufficienti, ci vuole anche la consapevolezza. “Essere consapevoli di questa responsabilità – ha detto la Merkel – è parte della nostra identità nazionale”, della capacità della Germania di comprendersi e di viversi come una società libera e una democrazia.
La Merkel ha fatto esplicito riferimento agli atti di antisemitismo in crescita – 1.646 atti d’odio contro gli ebrei soltanto lo scorso anno, il 10 per cento in più rispetto all’anno precedente – assieme ad azioni violente, anch’esse in crescita. Ma il riferimento implicito della cancelliera era racchiuso dentro all’espressione “identità nazionale”, in un momento in cui c’è un partito che acquista consensi in Germania, l’Alternative für Deutschland, con una retorica nazionalista che, nei casi più duri (ma la leadership dell’AfD è sempre più dura, come ha dimostrato l’ultimo congresso), confina con il neonazismo. Tutti tirano la coperta dell’identità e della nazione, la Merkel la riporta – con la sua consueta, determinata cura – dove dovrebbe stare: sulla responsabilità e la consapevolezza della propria storia e dei propri valori, senza strattoni.