Cristiani del Pakistan durante la messa di Pasqua a Peshawar (foto LaPresse)

La tratta delle ragazze cristiane

Redazione

629 dal Pakistan sono finite in Cina, dove c’è una grande richiesta di donne

Pagina dopo pagina, i loro nomi si accumulano, fino alla cifra terribile di 629. Sono le ragazze provenienti da tutto il Pakistan che sono state vendute come spose a uomini cinesi. L’elenco, ottenuto dalla Associated Press, è stato compilato da investigatori pachistani che stanno cercando di spezzare la rete di trafficanti che prende di mira i più vulnerabili del paese: i cristiani. Il governo ha cercato di limitare le indagini, esercitando “un’enorme pressione” sui funzionari dell’Agenzia federale di ricerca che perseguono la rete dei trafficanti, ha affermato Saleem Iqbal, un attivista cristiano che ha aiutato i genitori a salvare le loro ragazze dai trafficanti cinesi. Hanno paura di rappresaglie. Un’indagine dell’agenzia Ap all’inizio di quest’anno aveva già rivelato come la minoranza cristiana del Pakistan sia diventata un nuovo obiettivo di trafficanti di esseri umani che pagano i genitori più poveri per sposare le loro figlie, alcune adolescenti. 

 

Tutti i matrimoni, tranne una manciata, si sono svolti tra il 2018 e il 2019. La domanda di spose straniere in Cina è radicata nella crisi demografica del paese, dove ci sono circa 34 milioni di uomini in più rispetto alle donne, risultato della politica del figlio unico che si è conclusa nel 2015 dopo 35 anni e che ha portato agli aborti delle bambine e all’infanticidio femminile. Si saldano due tabù contemporanei. La complicità e il silenzio occidentali sulla mostruosa politica demografica di Pechino. Per anni, infatti, l’Onu ha sovvenzionato e sostenuto la politica del figlio unico, chiudendo più di un occhio sulle sue aberrazioni. Il secondo tabù riguarda, come ormai è noto, la persecuzione dei cristiani in terra islamica. E’ la più trasversale, polimorfa e spietata forma di persecuzione religiosa al mondo e va dai plateau nigeriani alle megalopoli pachistane. Dobbiamo spezzare non soltanto le catene del traffico di esseri umani, ma anche della nostra omertà.

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