Il nulla di Di Maio in Libia
La “mediazione” finisce con: i turchi a Tripoli e l’ultimatum di Haftar
La tanto chiacchierata mediazione in Libia di Luigi Di Maio è fallita in pochi giorni, con danni. Il ministro degli Esteri è andato all’inizio della settimana a incontrare sia il premier riconosciuto dalla comunità internazionale Serraj sia il generale Haftar che guida le forze dell’est della Libia, e in una conferenza stampa all’americana, con il rombo del motore dell’aereo acceso in sottofondo, ha detto che l’Italia recupererà il ruolo fondamentale che ha avuto nel paese, manderà un inviato e sarà protagonista della mediazione e della transizione politico-militare del paese. Un paio di giorni dopo, da Tripoli Serraj ha detto di essere pronto a chiedere l’intervento militare delle truppe di Ankara, dopo aver firmato con il presidente turco Erdogan un memorandum sulla gestione dei confini marittimi che prevede, appunto, la possibilità di un ingresso dei soldati nel caso fosse Tripoli a richiederlo.
Ieri, con un post su Facebook, il governo di Serraj ha fatto sapere di aver chiesto non soltanto alla Turchia ma anche a Italia, Stati Uniti, Regno Unito e Algeria di “attivare gli accordi di cooperazione di sicurezza” per “respingere l’attacco a Tripoli condotto da qualsiasi gruppo armato”: è facile intuire chi sarà il primo tra questi paesi a muoversi, dal momento che era stato lo stesso Erdogan a offrire, all’inizio del mese, il proprio intervento a difesa di Tripoli. La risposta è arrivata pronta dall’Esercito nazionale libico del generale Haftar, che ha chiesto alle milizie di Misurata – sì, quella Misurata in cui sono presenti le forze italiane – di ritirarsi da Tripoli e da Sirte: tre giorni di tempo, altrimenti l’obiettivo “di prendere Misurata proseguirà ogni giorno e senza sosta in maniera intensiva, senza precedenti”. L’ultimatum scade domenica a mezzanotte, e intanto Di Maio si gongola nella sua mediazione, non chiede spiegazioni per il drone italiano abbattuto e s’appiglia alla conferenza di pace a Berlino, che non esiste.