Il sindacato immobilista
Il rifiuto della parola “compromesso”. Così la Cgt blocca la Francia
Quella della Cgt è la storia di un “sindacato detronizzato, in declino, chiuso al dialogo, ma capace di bloccare un paese”, ha scritto il magazine francese le Point nel suo ultimo numero, mettendo in prima pagina i baffi di Philippe Martinez, il boss dell’organizzazione sindacale che guida la rivolta di piazza contro la riforma delle pensioni di Emmanuel Macron. Dal 5 dicembre, primo giorno di sciopero, non c’è mai stato un segnale di apertura da parte del sindacato che un tempo era il più potente di Francia e che oggi, così radicalizzato, ha ceduto il primo posto alla Cfdt di Laurent Berger per numero di iscritti tra settore pubblico e privato. Non hanno mai proposto nulla, Martinez e i suoi, reclamando soltanto il ritiro del progetto di riforma delle pensioni, a differenza di Berger, che per mezzo di una sana opposizione ha ottenuto la sospensione provvisoria dell’età d’equilibrio a 64 anni e ora si siederà al tavolo per far valere le sue idee alternative. La parola “compromesso” non esiste nel dizionario oltranzista del sindacato di Martinez. “Archeomarxista e pseudorivoluzionaria, la Cgt incarna fino alla caricatura ciò che nel secolo scorso veniva chiamato il ‘mal francese’”, scrive l’editorialista Franz-Olivier Giesbert, denunciando il corporativismo e insieme il nichilismo di un sindacato che ha messo in ginocchio innumerevoli aziende per la sua incapacità di confrontarsi, e che ora sta affossando un intero paese. Le perdite economiche sono ingenti dopo quarantadue giorni di scioperi: 850 milioni alla Sncf (ferrovie nazionali), 200 milioni (trasporti parigini), senza contare i danni collaterali nel settore turistico. Quella della Cgt è la storia di un sindacato che sta costando caro alla Francia, la sta “rovinando”, osserva spietato il Point. Un sindacato che, accecato dal suo dogmatismo ideologico, non sa negoziare e perde ogni giorno di più il contatto con la realtà.