Un Trump impaurito ora se la prende con l'Oms “filocinese” (e ha ragione)
Washington vede l’Organizzazione mondiale della Sanità come uno strumento del soft power di Pechino
Roma. Martedì il presidente americano, Donald Trump, ha annunciato che gli Stati Uniti smetteranno di finanziare l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) perché è una struttura troppo influenzata dalla Cina, che sparge la propaganda cinese e che ha molte colpe nella gestione della crisi coronavirus. E’ un’accusa sparata davanti ai giornalisti in stile Trump, e ci sono ragioni politiche per farla adesso, ma non è una bugia. In molti contestano all’Oms di essere diventata troppo filocinese – per esempio se ne è occupata a febbraio la Cnn, che di certo non è una rete trumpiana ma ha raccontato con molta preoccupazione come la Cina è riuscita a escludere Taiwan dall’Organizzazione e che il motivo è puramente politico (la Cina vorrebbe che il mondo intero non riconoscesse l’esistenza di Taiwan come stato indipendente).
Il 28 gennaio – quindi nel mezzo dell’epidemia cinese, pochi giorni dopo il lockdown della città di Wuhan – il direttore dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, andò a incontrare a Pechino il leader Xi Jinping e ne elogiò in pubblico “le doti molto rare di leadership”. Quel giorno l’etiope disse: “Apprezziamo molto la serietà con la quale la Cina sta affrontando questa epidemia, e specialmente l’impegno dei suoi leader e la trasparenza che hanno dimostrato”. Questo frammento di discorso fu ripetuto sui media cinesi allo sfinimento per le settimane successive, ma il riferimento alla trasparenza è incomprensibile. Il governo cinese ha censurato la notizia dell’epidemia nella fase iniziale, ha minacciato dottori e giornalisti che ne parlavano e ha fatto sparire testimoni. Il dottore Li Wenliang, che morì di Covid-19, fu minacciato e costretto a dichiararsi pentito.
La dottoressa Ai Fen, che in un’intervista accusò la censura di regime di avere ritardato le misure contro l’epidemia, è sparita e la famiglia e i colleghi sono stati arrestati. E questi sono soltanto due casi conosciuti.
C’è il sospetto che il legame con la Cina possa avere rallentato la risposta dell’Oms, che già è accusata di essere appesantita da una costosa burocrazia internazionale. Il 14 gennaio l’Organizzazione ha ripetuto l’annuncio cinese che “il virus non si trasmette da uomo a uomo” e che ovviamente era infondato. A fine gennaio l’Oms ha definito “moderato” il rischio che l’epidemia si potesse estendere ad altri paesi, salvo poi correggere pochi giorni dopo in “molto alto”. L’Oms accetta come buoni i dati forniti dalla Cina sul numero dei malati anche se – come ha scoperto a marzo il South China Morning Post – a febbraio il governo cinese non ha inserito nel conteggio ufficiale dei contagiati tutti i positivi asintomatici. E questo vuol dire che il numero di contagiati in Cina a fine febbraio non era circa 80 mila, ma 120 mila. L’Oms sostiene che gli asintomatici non siano contagiosi e lo siano di rado che è una nozione molto contestata dai medici italiani che possono contare sullo studio dei test di massa eseguiti a Vo’ Euganeo nel Veneto, e anche dagli esperti che lavorano per il governo americano.
Nel 2017 la nomina di Ghebreyesus, sponsorizzato dai cinesi, contro il candidato spinto dagli americani fu considerata una vittoria del soft power di Xi Jinping. Ghebreysus è legato al governo di Pechino fin da quando era ministro della Sanità in Etiopia e una delle sue prime mosse da direttore dell’Oms fu tentare la nomina di Robert Mugabe, il dittatore dello Zimbabwe che andava molto d’accordo con la Cina, come ambasciatore onorario delle Nazioni Unite – ma non ebbe successo.
Trump è in una posizione particolare, è accusato di non avere capito nulla della pandemia in arrivo oppure di avere capito ma di avere minimizzato per non danneggiare l’economia, che poi è stata travolta lo stesso. E’ l’unico leader occidentale che non sale nei sondaggi – come di solito succede quando una nazione si sente in pericolo e si compatta – e i media hanno una collezione di sue dichiarazioni recenti da rinfacciargli, nelle quali dice che “è soltanto un’influenza”, “per fortuna siamo intervenuti subito e abbiamo tutto sotto controllo”, “ci sono soltanto quindici casi e presto caleranno a zero”. Suonano male considerato che l’America è il paese con più contagiati al mondo e il virus ha colpito in modo durissimo molte città, a partire da New York. Per questo il suo attacco contro l’Oms adesso è considerato un tentativo molto affannato di deflettere la responsabilità e non prendersi la colpa della situazione.