La rivoluzione politica del Covid
In Spagna si prospettano alleanze nuove dettate dall’emergenza sanitaria
In Spagna assistiamo in questi giorni a una piccola rivoluzione politica dettata dall’emergenza coronavirus – la prima in Europa, e forse non l’ultima. Due giorni fa il governo del socialista Pedro Sánchez, che da mesi si regge su una coalizione traballante composta dall’estrema sinistra di Podemos e da un minestrone di partitini autonomisti catalani e baschi e che non arriva nemmeno alla maggioranza parlamentare, è riuscito a sopravvivere al voto sul prolungamento dello stato di emergenza con un’alleanza inedita. Sánchez, infatti, nel voto di mercoledì ha ottenuto l’appoggio di Ciudadanos, il partito centrista guidato da Inés Arrimadas che da più di un anno, tuttavia, aveva abbandonato il centrismo e gravitava nell’orbita del centrodestra. Grazie a Ciudadanos, Sánchez è riuscito a superare indenne il voto in Parlamento, ma questa nuova alleanza, che tutti per ora definiscono temporanea e limitata a una singola votazione, ha messo in crisi la vaga parvenza di bipolarismo che si era formata in Spagna di recente: gli alleati di Sánchez, Podemos al governo e gli autonomisti in Parlamento, si sono inquietati e temono un tradimento, tanto che i leader di Erc, partito indipendentista catalano, hanno detto che faranno saltare il governo se Sánchez mantiene l’alleanza con Ciudadanos. Gli alleati di Arrimadas, cioè il Partito popolare e i neofascisti di Vox, con cui Ciudadanos ha fatto il governo in molte regioni spagnole, temono ugualmente che i loro accordi traballino.
Per ora tutti dicono che questo non succederà, che l’amore socialisti-centristi è stato occasionale e non si ripeterà, ma gli analisti vedono in questi movimenti la possibilità di una rivoluzione politica più grande, all’insegna della responsabilità e all’ombra dell’emergenza.