Il “modello Israele”, che aveva posto lo stato ebraico fra i paesi Ocse col più basso tasso di mortalità e infezioni da Covid, è in crisi. Ieri il ministero della Salute ha registrato il numero più alto di casi di coronavirus giornalieri (4.038), mentre il paese si preparava a settimane di blocco e restrizioni per frenare la diffusione della pandemia. Il nuovo lockdown, che fa di Israele il primo paese al mondo a imporne un secondo dall’inizio di una crisi sanitaria globale, avverrà in tre fasi. I media israeliani hanno affermato che la prima fase entrerà in vigore poco prima dell’inizio di Rosh Hashanah, il 18 settembre, la seconda fase intorno al 1 ottobre e l’ultima intorno al 15 ottobre. Nella prima fase delle restrizioni, il movimento degli israeliani sarà limitato a cinquecento metri dalle proprie case. Scuole chiuse. Le imprese e il settore pubblico verranno chiusi nella prima fase, ad eccezione dei servizi essenziali. I ristoranti saranno chiusi, tranne che per l’asporto. Le attività legate al tempo libero, intrattenimento e turismo, saranno vietate. Nella seconda fase, le aziende private, inclusi uffici e fabbriche, saranno limitate al 30-50 per cento della capacità. In un misto di autodisciplina sociale, intelligence, servizi segreti, uso della tecnologia militare e di leadership, Israele si era posto come una “seconda Corea”, unico fra i paesi occidentali a riuscire nel pagare un prezzo relativo. Il nuovo blocco voluto dal premier Benjamin Netanyahu dimostra la relativa intrattabilità del virus, i punti deboli delle società avanzate (nel caso di Israele, i grandi assembramenti religiosi ultraortodossi) e il fatto che, a fronte di numeri epidemici che salgono drammaticamente, nessun paese ha trovato uno strumento più efficace del lockdown per salvare vite umane.
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