Editoriali
L'altra variante brasiliana
Con Lula, finisce il mito dell’esportazione della rivoluzione manipulitista
Con l’annullamento di tutte le condanne a carico di Luiz Inácio Lula da Silva da parte della corte suprema brasiliana non finisce nella polvere solo la clamorosa inchiesta Lava Jato, che aveva portato alla caduta della presidente Dilma Roussef nel 2016 e all’incarcerazione di Lula nel 2018, nel pieno della campagna elettorale in cui era candidato (favorito) contro Jair Bolsonaro. Ma anche il mito di Sergio Moro, il giudice che, dopo aver fatto arrestare il leader del Pt, aveva accettato l’offerta del ministero della Giustizia da parte di quello stesso Bolsonaro al quale aveva spianato la strada. E soprattutto, per quanto riguarda noi italiani, finisce nella polvere il mito dell’esportazione della rivoluzione manipulitista, variante trotzkista-manettara del giustizialismo italiano.
“E’ un film che noi in Italia abbiamo già visto”, diceva Antonio Di Pietro al Fatto quotidiano in un’illuminante intervista del 18 aprile 2018, dal titolo “La Mani Pulite brasiliana non è una congiura contro Lula”. E certo che era un film già visto, ma non nel senso in cui l’intendeva lui. Il giudice brasiliano ha sempre dichiarato che l’inchiesta milanese era il modello cui si era ispirato, tanto da scrivere la prefazione all’edizione brasiliana del libro “Mani Pulite, la vera storia” di Barbacetto, Gomez e Travaglio. Tanto da aver dedicato all’inchiesta italiana pubblicazioni scientifiche, in cui si interrogava sulla replicabilità di quel modello in Brasile. Ricompensato dalla solidarietà dell’internazionale manipulitista, con i suoi beniamini a coccolarlo in calorose tourné latinoamericane, dallo stesso Di Pietro che alla Bbc avrebbe difeso Moro dalle critiche con il solito argomento della rappresaglia della politica (variante giudiziaria del classico argomento stalinista per cui l’incisività dell’azione rivoluzionaria è dimostrata dalla forza delle proteste che solleva) o come la lezione tenuta da Piercamillo Davigo nello stesso periodo ai colleghi brasiliani, con Moro in prima fila. Visto come è finita, forse oggi dovrebbe essere l’Italia a imparare qualcosa dall’esempio brasiliano.