Editoriali
Eccola, la Brexit reale
Le esportazioni del Regno Unito verso l’Ue crollano del 40,7 per cento
Le esportazioni del Regno Unito verso l’Unione europea sono crollate del 40,7 per cento a gennaio, primo mese della Brexit reale, in quello che è il più importante calo nel commercio britannico in più di 20 anni. L’impatto sulle importazioni è di poco inferiore, con una riduzione del 28,8 per cento, ma solo perché a dicembre imprese e supermercati avevano fatto scorte in vista di un “no deal”. I dati pubblicati dall’Ufficio britannico per le statistiche nazionali ieri mettono per la prima volta nero su bianco gli effetti dell’uscita del Regno Unito dall’Ue e dal mercato unico. Nonostante un accordo di libero scambio che ha evitato dazi e quote, le imprese sono confrontate a burocrazia, controlli ai confini e costi doganali.
Gli interscambi tra Ue e Regno Unito sono tornati ai livelli dei primi anni 2000. Con tanti saluti al Global Britain, l’aumento degli scambi con il resto del mondo è minimo (1,7 per cento per un valore di 200 milioni di sterline) e non lontanamente in grado di compensare i 12,2 miliardi persi con l’Ue. Del resto, il premier è stato costretto a rinviare l’introduzione dei controlli alle dogane britanniche per la merce proveniente dall’Ue da aprile a ottobre (per le ispezioni sui prodotti animali al 2022): troppo alto il rischio di altre perturbazioni alle catene di approvvigionamento delle industrie e di penurie nei supermercati. Johnson finora è riuscito a nascondere i danni grazie alla pandemia e al successo della campagna di vaccinazione. Ma, man mano che il Regno Unito si aprirà, la realtà della Brexit si farà sentire sempre più nella quotidianità dei cittadini. Amsterdam ha già rubato il posto alla City come principale piazza europea degli scambi azionari. Questa estate toccherà ai pensionati britannici chiedere un visto e sborsare 72 pound per trascorrere più di tre mesi sotto il sole della Spagna.
I conservatori inglesi