editoriali
La Merkel striglia le regioni
Troppa discrezione locale, dice la leader tedesca. Il messaggio al suo successore
Aveva l’aria stanca Angela Merkel quando domenica sera è andata alla trasmissione di Anne Will, su Ard: i dati dei contagi sono molto preoccupanti, la campagna di vaccinazione va a rilento, i governatori dei Länder “hanno adottato un’interpretazione molto lasca” delle restrizioni “e questo non mi riempie affatto di gioia” (che tradotto vuol dire: sono furiosa). All’inizio di marzo, la cancelliera e i governatori avevano deciso una serie di misure da adottare sulla base dei dati del contagio e lei pensava che, come era sempre accaduto, ci sarebbe stata la solita disciplina nell’applicazione dei lockdown, nonostante le ritrosie. Oggi invece denuncia “troppa discrezionalità” da parte dei governatori, dice che c’è “una crescita esponenziale” del virus e che “bisogna applicare le restrizioni con grande serietà. Alcuni lo fanno, altri no”.
Secondo il sistema federale tedesco, le regioni hanno l’ultima parola su come agire nei confronti della pandemia, ma la Merkel è disposta a “emendare l’Infection Protection Act” e imporre a livello centrale quel che le regioni non fanno a livello locale. “Non aspetterò quattordici giorni”, cioè la cadenza che finora si è data per valutare cosa fare, “per vedere come va”. Poiché è anno elettorale, tutti si sono concentrati sull’attacco diretto che la cancelliera ha fatto ad Armin Laschet, che guida lo stato più popoloso del paese, il Nord Reno-Vestfalia, e che è anche il suo successore alla guida della Cdu. Secondo la Merkel, Laschet non sta facendo abbastanza. Lui dice di avere la situazione sotto controllo, ma contestualmente il governatore della Baviera, Markus Söder, ha detto di essere d’accordo a un accentramento del potere a livello federale. Da ieri molti dicono: Merkel preferisce Söder a Laschet. Di queste speculazioni vivremo ancora per molto tempo, ma per ora quel che la cancelliera dice a Laschet e al suo partito è: conquistatevela, la candidatura a diventare cancelliere al mio posto.
L'editoriale dell'elefantino