Il funerale del principe Filippo (Ansa)

Dio salvi i Windsor

Principe per sempre

Camillo Langone

Filippo era più cristiano di chi lo condanna per le eventuali scappatelle di gioventù

I millanta intellettuali covidisti ossia comunisti che hanno firmato per sostenere il ministro comunista ossia covidista Speranza, artefice di un confinamento ideologico, cieco di fronte alle differenze di età, rischio, carattere, mestiere, territorio, non possono capire. I meno noti e meno numerosi cattopauperisti che hanno criticato il mio elogio del principe, colpevole, a loro giudizio, di essere stato un libertino, un fedifrago, un malthusiano, un vanesio, un ricco, nemmeno loro possono capire. Per capire i funerali di Filippo di Edimburgo, apoteosi della differenza e della bellezza che questa è in grado di suscitare, bisogna essere non troppo intellettuali e per nulla comunisti o pauperisti (sono quasi sinonimi). E inoltre, sì, bisogna amare i vestiti.

 

Mentre seguivo con grande commozione la cerimonia di Windsor mi sono chiesto come potesse esistere, in questo mondo sempre più indifferenziato, ancora tanto incanto. Un lungo assembramento, fra l’altro, nonostante precauzioni e mascherine (ma ho molto apprezzato che nell’accompagnare la Land Rover funebre i famigliari fossero a viso scoperto). Non sarà piaciuto a Speranza, il ministro “nervoso al pensiero di qualsiasi aggregazione di più di due persone”. Non avranno gradito i cattopauperisti, siccome Windsor sprizza ricchezza da ogni pietra, sebbene nessuna di queste appartenesse a Filippo: appartengono alla Regina, anzi, sono nelle mani di The Crown Estate e nemmeno lei può disporne liberamente (ad esempio non può vendere nulla).

 

A proposito di pietre, chi è senza peccato scagli la prima, e vediamo. Rinfacciare a un novantanovenne appena defunto le eventuali scappatelle di una remotissima gioventù non soltanto non è cristiano, è infinitamente volgare e infinitamente stupido. Scusatemi ma non le posso sentire queste cose, mi inferocisco proprio. Parlando poi di un uomo talmente religioso da scegliere personalmente letture e salmi per la funzione. Non erano brani casuali. I versetti dell’Ecclesiastico (non dell’Ecclesiaste come sbaglia pure “Famiglia Cristiana”) parlano del mare tanto amato da colui che entrò nella Royal Navy a 18 (diciotto) anni. Mentre il Salmo 104 lo abbiamo ascoltato con la musica commissionata dal principe previdente e praticante (andava a messa ogni domenica) oltre vent’anni fa. Quello del coro è stato un momento altissimo, come i colpi di cannone, il “The last post” dei trombettieri, la cornamusa del reggimento scozzese che ho riguardato su YouTube fino al pianto.

 

E vengo ai vestiti. Che non sono mai soltanto stoffe, come pensano gli stolti, e che a Windsor hanno espresso un’intera antropologia. Non comunista, direi, e men che meno genderista con tutte quelle differenze così ben sottolineate: gli uomini magnificamente dignitosi in tight col panciotto scuro (il grigio perla è per i matrimoni), le donne con cappelli di varia foggia ma dello stesso colore, nero, e in alcuni casi perfino con veletta. Poi chiaramente chi non subisce il fascino della duchessa di Cambridge merita la mia compassione.

 

Parliamo della fantastica scenografia? Cosa c’è di più cristiano del Medioevo? E cosa c’è di più medievale del fatato castello di Windsor? Grazie sia alle parti originali, risalenti ai re normanni, sia alle aggiunte successive, volute in stile antico da sovrani tanto cristiani da evitare quel Rinascimento con cui, spero sia noto, comincia la sconsacrazione. So benissimo che non tutti possono capire, che a questo mondo esistono dei repubblicani. Con costoro faccio fatica a relazionarmi, specie in questi giorni in cui voglio incontrare solo amanti della differenza e della bellezza, amici che insieme a me esclamino: Dio salvi i Windsor.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).