editoriali
“Tornate nella vostra soleggiata Siria”
Il governo danese incarcera i siriani che non vogliono rientrare a Damasco
Tutto è iniziato l’estate scorsa, quando la Danimarca è diventata il primo paese dell’Ue a considerare Damasco e i suoi dintorni un luogo sicuro, abbastanza almeno da costringere centinaia di richiedenti asilo fuggiti dalla guerra ad abbandonare la loro nuova vita e a tornarsene in Siria. Oggi, i giovani attivisti di Generation Identitær, il movimento nazionalista di destra, tappezzano Copenaghen con manifesti su cui è scritto beffardamente: “Buone notizie, ora puoi tornartene nella soleggiata Siria. Il tuo paese ha bisogno di te”. La Danimarca è ostaggio di un diffuso sentimento nazionalista, incarnato dal Partito del popolo danese, che tiene sotto ricatto il governo di minoranza guidato da una coalizione di centrosinistra. Il primo ministro Mette Frederiksen si ritrova a mercanteggiare il sostengo esterno del partito estremista in cambio di una politica spregiudicata sul fronte dell’immigrazione.
È nato così il provvedimento dell’estate scorsa, cieco di fronte all’evidenza che il regime di Bashar al Assad consideri molti siriani fuggiti in Europa dei traditori, passibili di persecuzioni e incarcerazioni sommarie. Su questa scia oltranzista, il governo ha annunciato il suo obiettivo successivo: raggiungere “quota zero richiedenti asilo”. Con un’ulteriore nota aberrante: non esistendo alcuna forma di cooperazione fra Danimarca e Siria, e non potendo costringere i richiedenti asilo a tornare in un luogo che l’Ue e l’Onu considerano ancora in guerra, i respinti sono adesso rinchiusi in centri di detenzione.
Per ora si parla di 189 persone – studenti, operai, impiegati, tutti integrati, capaci di parlare il danese come prevede la rigida legge nazionale – a cui non è stato rinnovato il permesso di soggiorno.
Che un paese dell’Ue decida unilateralmente che “a Damasco non c’è più la guerra” è un errore grave. Perché non serve che si sgancino le bombe per riconoscere che il regime siriano è letale.
Cose dai nostri schermi