editoriali
Si vedono solo se gli sparano
L’attacco a un vescovo in Sud Sudan, i cristiani perseguitati, la libertà religiosa
Un gruppo di terroristi armati ha circondato due giorni fa una chiesa battista dello stato di Kaduna, centro-nord della Nigeria. Hanno ucciso due fedeli durante la messa e rapito almeno altri quattro cristiani. Hanno accerchiato la chiesa e cominciato a sparare ai fedeli che cercavano di fuggire nella boscaglia in ogni direzione. Poche ore dopo la notizia dell’attentato a Christian Carlassare, giovane vescovo in Sud Sudan, gambizzato. La settimana scorsa un cristiano copto è stato assassinato in streaming dallo Stato islamico nel nord del Sinai, “colpevole” di aver costruito l’unica chiesa della regione.
C’è la sensazione che questi cristiani che vivono “di là”, oltre i confini occidentali, guadagnino spazio reale sui nostri teleschermi e giornali solo a costo del loro sangue, della loro scomparsa, della loro sofferenza. Ci accorgiamo di loro solamente quando sono colpiti. In un rapporto di Aiuto alla chiesa che soffre si legge che “agli occhi dei governi e dei media occidentali, la libertà religiosa sta scivolando verso il basso nelle classifiche dei diritti umani, eclissata da questioni come gender, sessualità e razza”. “Questa triste indifferenza solleva la questione della nostra capacità di credere nei nostri valori umanistici”, ha scritto l’intellettuale franco-armeno Christian Makarian.
Già, gli armeni… In un inserto oggi raccontiamo di questo triste e mai chiuso capitolo della storia del Novecento che ha ancora grandi riverberi politici e diplomatici. Perché, come ha spiegato Benny Morris nel suo ultimo libro, quello fu il primo sterminio cristiano della storia. La lezione armena ci obbliga a vigilare sulla sorte dei nuovi cristiani perseguitati e di imporre, come democrazie figlie dei genocidi del Novecento, la libertà religiosa come pilastro nei rapporti diplomatici.