Editoriali
Pasdaran guerrafondai, dice Zarif
Ascoltate i leak del ministro iraniano per un tour istruttivo del regime
Mohammad Javad Zarif deve andarsene, ripetono molti esponenti iraniani furiosi per le frasi che il ministro degli Esteri ha detto riguardo alle Guardie della rivoluzione e in particolare a Qassem Suleimani, generale pasdaran ucciso dagli americani nel gennaio del 2020. Il pensiero di Zarif era destinato a venire fuori tra molti anni, perché ha rilasciato un’intervista di parecchie ore che doveva finire dentro a un documentario storico sull’Amministrazione Rohani, e invece è finita nelle mani dei sauditi, nemici giurati, e quindi è uscita adesso sotto forma di indiscrezione su una tv satellitare con base a Londra che trasmette in farsi. Dalla conversazione escono alcuni punti forti che sembrano di parte se li dice qualcun altro, ma questa volta è lo stesso Zarif a parlare: il ministro denuncia il fatto di essere stato limitato nel suo mandato dalle Guardie della rivoluzione che volevano decidere in modo autonomo la politica estera.
Lui, Zarif, ci prova a far funzionare la diplomazia, ma quelli pensano soltanto alla guerra. Incluso il generale Qassem Suleimani, che porta avanti la sua campagna aggressiva in Siria e non si cura delle conseguenze sul piano dei rapporti con la comunità internazionale. E quando i pasdaran hanno abbattuto l’aereo nel gennaio 2020 lo hanno tenuto nascosto al governo. Fra Zarif e i pasdaran le cose non vanno bene, s’intuisce. In pratica nel 2019 molti iraniani sono scesi nelle strade a chiedere perché il regime spende così tanto in campagne aggressive all’estero (sono stati massacrati e dispersi per la cronaca) e ora il ministro degli Esteri confessa che l’Iran ha una politica troppo conflittuale all’estero. A questo punto manca soltanto una conferma dal Grande ayatollah: l’Iran ha una politica troppo aggressiva all’estero. Zarif dice anche, ma pure questo si sapeva, che con la Russia non corre buon sangue, per nulla. Questi portavoce del regime dicono sempre cose interessanti quando parlano in libertà.