Editoriali
C'è Draghi al governo. Capitolo Haftar
Una nave da guerra italiana protegge i pescatori dagli attacchi libici
Lunedì mattina la fregata italiana Alpino è intervenuta per proteggere sette pescherecci italiani da un motoscafo delle forze di Khalifa Haftar, il signore della guerra libico che comanda nella città di Bengasi. I pescatori italiani stavano lavorando con piena legittimità nelle acque internazionali, ma con la protezione della nave da guerra si sono spostati più a nord. A settembre un singolo motoscafo di Haftar aveva imposto con la minaccia delle armi agli equipaggi di due pescherecci di fare rotta verso Bengasi, dove avrebbero trascorso quattro mesi in prigione da ostaggi, senza alcuna imputazione formale. Che del resto non è possibile, perché i libici hanno un’interpretazione tutta loro del limite delle acque internazionali e l’hanno portato a più di settanta miglia dalla costa.
È un contenzioso senza senso e se l’Italia per ora non ha fatto nulla è perché in Libia ci sono cose più importanti da risolvere. Se applicassimo lo stesso criterio dei libici di Haftar, la linea delle acque territoriali italiane davanti alla costa della Puglia passerebbe per l’entroterra montuoso dell’Albania. Per recuperare i pescatori, il governo Conte a dicembre aveva dovuto lanciare un’umiliante missione diplomatica alla corte di Haftar. Si vede che Mario Draghi non ha voglia di un’altra Canossa libica in nome della pesca ai gamberetti.
C’è un aereo militare italiano che fa lunghe ricognizioni davanti al golfo di Sirte, sembra proprio per tenere d’occhio la situazione e ora l’intervento della nave da guerra italiana è un chiarimento atteso da tempo. I pescatori italiani sono protetti dalla ragione, dalla legge internazionale e anche dalla Marina militare, che non fa mai male.