Editoriali
Il G7 della global tax
È vicina un’intesa sulle tasse alle multinazionali che ha molte conseguenze
I ministri delle Finanze del G7 oggi dovrebbero annunciare un’intesa di massima, o almeno progressi sostanziali, su un nuovo sistema di tassazione internazionale per le multinazionali. Dopo il loro incontro a Londra, un comunicato è atteso nel primo pomeriggio. Toccherà poi ai leader del G7 nel loro summit della prossima settimana in Cornovaglia e a quelli del G20 nel vertice previsto per luglio a Venezia formalizzare l’accordo che potrebbe portare a una svolta sulla tassazione globale. Senza l’elezione di Joe Biden non sarebbe stato possibile.
Gli europei erano stati in prima linea in questa battaglia all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), in particolare per colpire i giganti del digitale americani. Ma si erano scontrati con l’Amministrazione Trump, pronta a minacciare o attuare dazi contro i paesi europei che hanno introdotto varie forme di digital tax. Arrivato alla Casa Bianca, Biden ha da subito proposto un’aliquota minima del 21 per cento per un accordo globale sulla tassazione delle multinazionali.
Poi ha accettato di abbassarla al 15 per cento per rispondere alle preoccupazioni degli europei, in particolare perché il sistema non colpisce solo i giganti del digitale ma anche le multinazionali del Vecchio continente, come quelle del lusso francesi o quelle delle automobili tedesche. In vista dei vertici del G7 e del G20, l’Amministrazione Biden ha fatto sapere ai partner che un accordo globale non è una questione di tassazione, ma di relazioni bilaterali. La mossa potrebbe essere decisiva per i negoziati all’Ocse. Come ha ricordato il commissario Paolo Gentiloni, “l’accordo deve essere globale e sono 139 i paesi coinvolti”.
Dentro l’Ue non tutti sono d’accordo. Irlanda e Cipro hanno già annunciato la loro contrarietà all’aliquota del 15 per cento. Ora dovranno scegliere se conservare i loro sistemi fiscali oppure le buone relazioni con gli Stati Uniti.