EDITORIALI

La promessa elettorale di Laschet

Redazione

Il conservatore tedesco vuole unità all’interno e cautela con Cina e Russia 

A quasi cento giorni dal voto del 26 settembre, l’Unione dei conservatori tedeschi (Cdu/Csu) ha presentato il suo programma elettorale “per la stabilità e il rinnovamento”: “Insieme per una Germania moderna”. Armin Laschet, candidato della Cdu alla cancelleria e quindi alla successione di Angela Merkel, e Markus Söder, leader dei cristiano-sociali bavaresi, si sono mostrati uniti dopo molte liti su chi tra i due dovesse essere il candidato.

 

Il documento di 139 pagine cerca la sintesi tra rafforzamento economico e sicurezza sociale “in questi tempi di cambiamento” e manda anche un segnale ai Verdi, i diretti inseguitori (e possibili partner di coalizione) che hanno già consumato la loro iniziale luna di miele e ora si assestano attorno al 20 per cento dei consensi: “Possiamo fare le politiche ambientali anche da soli”, ha insistito Söder nella conferenza stampa (tutta al maschile: molti l’hanno notato arricciando il naso). Non ci saranno aumenti delle tasse, ma nemmeno la riforma delle pensioni, anche se è previsto un fondo “generazionale” a sostegno dei più giovani. Il Recovery fund  “è un unicum ed è temporaneo”, ha detto Laschet: è un’eccezione, insomma, e questa dichiarazione si inserisce in un’altra serie di esternazioni di Laschet che conta di tornare alle regole codificate, come il Patto di stabilità, appena possibile. La sbornia del debito è finita, così come le regole sull’immigrazione dovranno essere rigide, prevede il programma.

 

In un’intervista al Financial Times, il successore della Merkel, che era anche la scelta più in continuità con la cancelliera, ha confermato lo scetticismo nei confronti di un approccio falco verso la Cina (come richiesto dal presidente Joe Biden) e anche verso la Russia. Sono potenze ostili, dice Laschet, ma da cui dipendiamo: ignorarle o combatterle rischia di essere controproducente. Su questo la frattura con i Verdi è molto forte ed è anche generazionale: il 40 per cento degli elettori dell’Unione è ultrasessantenne, e la proporzione è quasi ribaltata quando si parla dei Verdi.

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