editoriali
Trump porta Big Tech in tribunale
L’ex presidente cita Google, Fb e Twitter. Ma la loro linea di difesa regge?
Trump fa causa a Facebook, Twitter e Google: è stato depositato tutto presso la Corte della Florida meridionale. Già prima del 6 gennaio, giorno dell’assalto a Capitol Hill, alcuni post dell’ex presidente erano stati parzialmente o totalmente censurate. Dopo quella data, i suoi account sono stati bloccati: le dichiarazioni sui brogli elettorali e sulla vittoria “rubata” erano pericolose ed eversive. Adesso la questione non è se fosse o no necessario togliergli il megafono in quel contesto incendiario, quando si temeva il peggio anche per l’insediamento di Biden e Washington era militarizzata. La domanda è se, per come hanno deciso di impostarla finora, la difesa delle piattaforme regga in un’aula di tribunale. Cioè in un contesto in cui non si guarda alla sostanza, ma necessariamente alla forma.
Sia Jack Dorsey (Twitter) sia Mark Zuckerberg (Facebook) sono stati altalenanti e contraddittori nello spiegare come e perché fossero arrivati alla conclusione di censurare i post del presidente e, in alcuni casi, quelli del profilo ufficiale della Casa Bianca. “Perché Trump no e Khamenei che nega l’Olocausto sì?”, gli è stato chiesto in audizione al Senato. Hanno risposto che loro censurano solo le bugie sulla pandemia e sulle elezioni. Allora i senatori hanno letto una sfilza di falsità sul Covid e sulle elezioni che non avevano censurato. La difesa più semplice sarebbe stata dire che sono liberi di decidere le regole del proprio spazio virtuale, di considerare “non conforme” alle policy ciò che reputano giusto senza attendere un’ingiunzione del tribunale e senza una legittimazione popolare. Lo dice la legge. Le piattaforme non sono responsabili per ciò che scrivono gli utenti e possono rimuovere i contenuti a piacimento purché in buona fede. “Siamo private, facciamo come vogliamo” filava liscia, ma forse non era il massimo per l’immagine del brand. Qui iniziano i problemi. Se la difesa in tribunale fosse esitante com’è stata fino a oggi, Trump trasformerebbe una vittoria legale in una vittoria politica.