Editoriali
La Polexit dal diritto europeo
La Corte costituzionale polacca contro la giustizia dell’Ue. La resa dei conti
La Gazeta Wyborcza, il principale quotidiano polacco di opposizione, ieri titolava: “L’attacco del PiS ai tribunali”. La Corte costituzionale polacca – che in questi anni il governo nazionalista ha stravolto ledendo le basi dello stato di diritto, rimuovendo giudici e nominandone altri disposti a mandare la democrazia polacca e le sue tutele in frantumi – ha compiuto un passo ulteriore verso la resa dei conti tra gli stati illiberali e l’Unione europea. La Corte costituzionale polacca ha respinto il regolamento dell’Unione europea secondo il quale la Corte di giustizia europea (Cgue) può pronunciarsi sui “sistemi, i princìpi e le procedure delle corti polacche”.
L’“attacco”, come scrive la Gazeta Wyborcza, è compiuto. In sostanza, secondo la Corte costituzionale polacca la Cgue non è in linea con la Costituzione della Polonia. Non che prima il governo di Mateusz Morawiecki si dimostrasse disposto ad ascoltare le sentenze della Corte europea, ma questa decisione indica che è stata ormai tracciata una linea di demarcazione forte tra il diritto comunitario e quello polacco. Per l’Ue e il governo di Varsavia, “stato di diritto” ha due significati diversi.
In Polonia c’è già chi con paura parla di Polexit, uno scenario spesso prospettato dal governo nazionalista, che sa benissimo che da un’uscita dall’Unione europea la nazione non avrebbe alcun vantaggio. Ma ieri, con la decisione della Corte costituzionale è stata siglata una Polexit del diritto e dei valori. “Non la Polonia, sono Kaczynski e il suo partito che escono dall’Unione europea”, ha scritto Donald Tusk su Twitter. Il leader dell’opposizione polacca ha ribadito un altro concetto che spesso ai sovranisti e alla loro propaganda sfugge: “L’Ue non trattiene nessuno con la forza”. Se vogliono andarsene possono farlo, ma non basta rinunciare ai diritti, per andarsene: bisogna rinunciare anche al bancomat.
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