editoriali
La Lituania contro il regime cinese
A Vilnius apre una sede di rappresentanza di Taiwan che fa infuriare Pechino
Ieri la Cina ha richiamato il suo ambasciatore in Lituania, Shen Zhifei, e ha chiesto al governo lituano di fare lo stesso con il proprio. Il 20 luglio il ministro degli Esteri taiwanese Joseph Wu aveva annunciato che Taiwan e la Lituania avrebbero istituito entro la fine dell’anno uffici di rappresentanza reciproci per rafforzare “gli scambi economici e commerciali, la cooperazione in vari campi, nonché l’amicizia tra le persone”. La decisione di Pechino non sarebbe stata presa però per l’apertura de facto a Vilnius di una sede diplomatica, ma per averle assegnato il nome di “Taiwan” e non di “Taipei” – un atto interpretato dal partito come provocatorio. Il comunicato cinese afferma che “questa azione ha palesemente violato lo spirito del comunicato sull’instaurazione di relazioni diplomatiche tra i due paesi e ha seriamente minato la sovranità e l’integrità territoriale della Cina” e ancora, “il governo cinese esprime la sua categorica opposizione a questa mossa”.
E’ la prima volta che viene utilizzato il nome dell’isola per uno dei suoi uffici di rappresentanza in Europa; nonostante Taiwan abbia una presenza diplomatica in più di 70 paesi in tutto il mondo, solo 15 la riconoscono come nazione sovrana. L’apertura della sede di Vilnius è l’ultimo segnale contro gli autoritarismi e della determinazione lituana a cooperare con i taiwanesi. I rapporti più stretti con la Cina comunista hanno portato scarsi benefici al governo del paese baltico che il 22 maggio aveva abbandonato il gruppo “17+1” istituito da Pechino ed è sempre più attento e critico nelle questioni relative a Xinjiang e Hong Kong. Nonostante il comunicato dai toni minacciosi, la Lituania si definisce un buon partner per Taiwan con cui condivide gli stessi valori di libertà, democrazia e diritti umani. Il ministero degli Esteri lituano ha inoltre dichiarato che è “determinato a perseguire legami reciprocamente vantaggiosi con Taiwan come fanno molti altri paesi dell’Ue e del resto del mondo”.