La Lituania è la frontiera della democrazia
Sempre pronta a contrastare i regimi, è diventata il rifugio di molti dissidenti che fuggono da Bielorussia, Russia, ma anche da Hong Kong. Di questa sua lotta per proteggere l'Ue e i valori occidentali, Vilnius paga conseguenze importanti, ma non si tira indietro
Lungo il confine tormentato tra l’Unione europea e la Bielorussia si sta consumando anche la battaglia tra democrazia e regimi. Punto di riferimento di questa lotta è la Lituania, uno stato affacciato sul mar Baltico con meno di tre milioni di abitanti, con una storia di resistenza all'Urss: è stata la prima tra le Repubbliche sovietiche a diventare indipendente. Oggi, che è parte dell’Unione europea e della Nato, la Lituania si sta intestando le battaglie contro le forze illiberali che lambiscono il confine orientale dell’Ue e non solo.
Martedì la Cina ha richiamato il suo ambasciatore a Vilnius dopo che Taiwan e la Lituania hanno deciso di istituire sedi di rappresentanza reciproche. Pechino ha definito la decisione provocatoria, tanto più che alla sede non verrebbe assegnato il nome di Taipei, ma proprio di Taiwan. Questa è stata soltanto l'ultima presa di posizione da parte del governo lituano, che già a fine maggio aveva abbandonato il gruppo “17+1”, il sistema di cooperazione tra la Cina e l’Europa Centrale.
Per la Lituania, entrare nella Nato è stata una conquista importante, non soltanto la certezza di appartenere a un sistema di valori occidentali, al novero delle democrazie, ma l’Alleanza atlantica è soprattutto sicurezza e protezione dalla Russia. Vilnius rimane uno dei fronti quotidiani della Nato, in cui si fanno sentire le intimidazioni di Mosca.
Questa settimana la vicina Lettonia ha dichiarato lo stato di emergenza al confine con la Bielorussia, che continua a mandare migranti verso la frontiera con l’Ue. Tra il 6 e il 10 agosto la Lettonia ha fermato più di 280 che hanno tentato di attraversare il confine. E’ una situazione che in Lituania va avanti da inizio giugno. Per vendicarsi delle sanzioni imposte da Bruxelles in seguito al dirottamento di un aereo Ryanair che volava da Atene a Vilnius e all’arresto del giornalista e attivista Roman Protasevich, il regime di Minsk ha cercato di innescare una crisi migratoria aprendo il confine con l’Ue. In Lituania sono arrivati oltre 4.000 iracheni.
Il premier iracheno Mustafa al Kadhimi ha ordinato di chiudere i voli, che erano aumentati nelle ultime settimane, da Baghdad a Minsk. Il flusso degli arrivi si sta riducendo, ma la Lituania sta pensando di costruire un muro lungo quel confine che ha rappresentato la speranza per tanti bielorussi di fuggire dal regime. Dallo scoppio delle proteste a Minsk contro il dittatore Lukahsenka, la Lituania è stata uno dei paesi più coinvolti, pronta sempre a condannare il regime e a spingere l’Ue a prendere misure concrete per fermare la crisi in Bielorussia. E’ diventata il rifugio dei bielorussi, anche la leader dell’opposizione Svjatlana Tikhanovskaya vive in esilio a Vilnius, ma anche la frontiera di chi fugge dai regimi, che sia la Russia o Hong Kong.
Ci sono due ragioni, ha detto al Foglio il viceministro degli Esteri lituano, Mantas Adomenas, se Vilnius è diventata il baluardo contro le dittature, ma anche la casa di tanti dissidenti: “Siamo dentro alla Nato, nell’Ue, ma siamo anche molto vicini alla Russia, alla Bielorussia. E’ vantaggioso per un dissidente rimanere vicino geograficamente, ma comunque protetto da un paese con uno stato di diritto. Ma c’è anche una ragione più profonda: sin dal Sedicesimo secolo accogliamo dissidenti”.