Editoriali
Hong Kong censura anche il cinema
Adottata una nuova legge che vieta i film contro “la sicurezza nazionale”
Il Consiglio legislativo mercoledì ha approvato una nuova legge sulla censura cinematografica per “salvaguardare la sicurezza nazionale” che autorizza il segretario capo di Hong Kong – la seconda figura più potente nell’amministrazione della città – a consolidare il controllo sulle nuove produzioni e a revocare la licenza di un film (in qualsiasi momento) nel caso in cui dovesse “appoggiare, sostenere, glorificare, incoraggiare e incitare attività che potrebbero mettere in pericolo la sicurezza nazionale”.
Chiunque mostri un film non autorizzato rischia fino a tre anni di reclusione e una multa di 1 milione di dollari di Hong Kong (circa 128 mila dollari). I registi inoltre non potranno contestare l’organo di censura, poiché la nuova legislazione impedirà di riconsiderare le decisioni prese per motivi di sicurezza nazionale. Il timore più grande è che questa legge possa danneggiare l’industria cinematografica locale, che rappresenta un unicum e la cui produzione spazia dai film di arti marziali di Bruce Lee ai film d’autore del regista Wong Kar-wai. “L’aggiunta di clausole di sicurezza nazionale al disegno di legge è una chiara censura politica”, ha affermato Kenny Ng, professore associato presso l’Academy of Film dell’Hong Kong Baptist University. “È pesante. L’industria cinematografica avrà bisogno di tempo per adattarsi”.
Quest’anno, per la prima volta dal 1969, gli Oscar non sono stati trasmessi nell’ex colonia britannica, eguagliando le decisioni della Cina continentale, nonostante una nomination senza precedenti per un regista nato a Hong Kong. Anche il regista hongkonghese Kiwi Chow, che ha presentato al Festival di Cannes a luglio di quest’anno “Revolution of Our Times” – un documentario che racconta le proteste del 2019 – ha detto a Reuters che questo disegno di legge danneggia l’industria cinematografica della città limitando “la libertà di creare”: “Peggiorerà l’autocensura e alimenterà la paura tra i registi”.