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Editoriali

Zaki libero? Un capriccio degli dèi egiziani

Redazione

Felici sì, ma la decisione è arbitraria, a seconda dell’umore lassù in alto

È una notizia felicissima che Patrick Zaki sia stato liberato dalla cella dove è stato rinchiuso per 668 giorni, la sua resistenza fisica e psicologica era ormai al limite e ogni giorno di prigionia in più era una tortura. Questa scarcerazione potrebbe aver salvato la vita al giovane egiziano. Ma la notizia felicissima va interpretata per quello che è: un capriccio degli dèi egiziani, nel senso dell’establishment che fa capo all’ex generale al Sisi. Zaki è libero non perché una procedura legale correttiva ha deciso che la sua detenzione era immotivata e doveva finire il prima possibile, ma soltanto perché così è stato deciso con assoluto arbitrio lassù in alto, dove si prendono le decisioni a seconda dell’umore del giorno.

 

Lo abbiamo visto in questi anni. Se l’umore fosse stato ancora cattivo, Zaki sarebbe ancora in cella e di certo potrebbe ritornarci in un minuto se gli dèi egiziani faranno altri capricci e cambieranno idea. Al punto che alcuni durante la prigionia avvertivano che l’Italia avrebbe dovuto dedicare meno attenzione al caso Zaki, perché continuare a fare pressione sull’Egitto per la liberazione indisponeva le autorità e quindi finiva per prolungare il tempo in cella. Orrendo no? Zaki in questo tempo è stato usato dal governo egiziano come un cartellino, per dire all’Italia: oggi mi annoiate oppure oggi sembrate bravi. Così è successo, rinnovo della detenzione dopo rinnovo della detenzione, per anni.

 

E quello di Patrick Zaki era comunque un caso sul quale erano puntati i riflettori della politica, dei media e dell’opinione pubblica. Migliaia di dissidenti sono rinchiusi dentro le carceri egiziane senza motivi reali o chiari e in pochi noteranno la durata della loro prigionia oppure, un giorno, la loro liberazione. È una notizia felicissima che Zaki sia stato liberato, ma l’Egitto, un paese da novanta milioni di persone, si regge sul potere assoluto e opaco di un establishment di sicurezza che non risponde a nessuno. Il pericolo non è diminuito, è ancora lì. Vedi l’assassinio di Giulio Regeni.

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