editoriali
Non vi piace l'euro? Guardate il caos turco
Erdogan come i peronisti sudamericani gioca con la lira e affama la popolazione
La lira turca continua la sua discesa a precipizio causata dal diktat del presidente Recep Tayyip Erdogan alla banca centrale, affinché riduca i tassi d’interesse. “L’islam vieta l’aumento dei tassi e noi combattiamo contro le lobby straniere che ce li impongono”. Ieri la valuta ha perso un altro 6,5 per cento, il 30 per cento in 4 settimane, e ora per ottenere un dollaro servono 17,6 lire turche, 20 per un euro. La banca centrale (Tcmb) ubbidisce, pena il licenziamento del governatore (com’è accaduto lo scorso marzo a Naci Agğbal, che era anche ex ministro del Tesoro) e come dal 2019 è invariabilmente capitato ogni anno.
A prenderlo alla lettera se ne potrebbe dedurre che la Bce, che invece tiene i tassi sottozero, sia ispirata dall’islam. Ma Erdogan maschera il fatto che tutto questo costa sempre più ai suoi cittadini. L’inflazione supera il 21 per cento, mentre la Tcmb è stata costretta in poche settimane a ridurre i tassi ben quattro volte, rendendo impossibile sostenere il costo della vita. Le aziende straniere che operano in Turchia e che si approvvigionano in dollari minacciano licenziamenti e la Borsa sospende ripetutamente le sedute allontanando gli investitori.
Di fatto si crea una doppia economia: quella per i turchi e quella per le imprese estere più forti, che inviano direttamente le materie prime per l’export. Quest’ultimo, sul quale la Turchia si è retta negli ultimi anni, non riesce più a dare benefici al sistema economico del paese. L’indebolimento della valuta ha un precedente opposto nella crisi argentina degli anni Duemila. All’epoca, i governi post peronisti ancorarono l’austral al dollaro nel tentativo di ripagare i debiti in modo muscolare ma producendo anche lì superinflazione fino al default. Che cos’hanno in comune un autocrate mediorientale e i populisti sudamericani? La ricerca di consenso attraverso il nazionalismo e contro ogni multilateralismo additato come espressione di lobby e sfruttamento. Con questi precedenti presenti e passati, i 20 anni dell’euro hanno un motivo in più per meritare di essere festeggiati.