EDITORIALI
Stop the War sta con Putin
Il gruppo pacifista copincolla le preoccupazioni russe contro la Nato
"I politici britannici stanno giocando con il fuoco alimentando la tensione intorno all’Ucraina”, scrive Stop the War, il gruppo inglese nato dopo l’11 settembre contro la guerra e le guerre, “Tory e Labour si stanno superando a vicenda in un’inutile bellicosità”. Fin dalla sua creazione, Stop the War ha introdotto una visione pacifista a senso unico: contro le guerre sì, ma soltanto quelle portate avanti dagli occidentali. Nel tempo ha trovato un’alleanza solida con Momentum, il gruppo che portò all’elezione a capo del Labour di Jeremy Corbyn, a sua volta grande sostenitore di Stop the War. Questo approccio risultò chiaro nella gestione della crisi siriana: Stop the War era contro qualsiasi intervento occidentale a sostegno della popolazione siriana, ma non condannava né il regime di Damasco né i russi intervenuti a sostegno dello stesso regime. Durante gli attacchi chimici del governo di Assad, Stop the War si limitò a dire: “Questo attacco deve essere condannato assieme a tutte le altre atrocità”.
Non stupisce quindi che oggi di fronte alla belligeranza russa, questo gruppo pacifista condanni gli inglesi e l’occidente e non la Russia. “La Gran Bretagna dovrebbe avanzare proposte diplomatiche serie per disinnescare la tensione e cercare una soluzione alla crisi piuttosto che aumentarla. Ciò implica prendere sul serio sia l’integrità dell’Ucraina sia le preoccupazioni per la sicurezza russa”. Tali preoccupazioni sono un copincolla di Vladimir Putin: “Fermare la guerra richiede la fine dell’inarrestabile espansione della Nato – scrive Stop the War – che ha solamente accresciuto la tensione internazionale, con il suo ruolo più aggressivo nei Balcani, in medio oriente e nell’Asia meridionale. Ci opponiamo al dispiegamento delle forze britanniche ai confini della Russia che è una provocazione inutile”. E in conclusione: “Chiediamo che il governo britannico e il Labour prendano le distanze dalle politiche e dalle priorità degli Stati Uniti e sviluppino una politica estera indipendente”. Non stupisce, certo, ma ferisce, questo sì.