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editoriali

In Cina si passa dagli aborti ai parti forzati

Redazione

Gravidanza di stato: ecco il fallimento della politica del figlio unico

Quarant’anni dopo la politica del figlio unico la Cina fa un’enorme inversione di rotta: dagli aborti forzati che l’hanno resa famosa in tutto il mondo, alle gravidanze forzate. E’ una delle linee per il 2022 illustrate dalla China family planning association (Cfpa), che dice “interverrà” negli aborti tramite campagne speciali, soprattutto in quelli di ragazze ancora non sposate. Nelle linee dell’associazione si legge come questa decisione punti a “migliorare e promuovere la salute riproduttiva”, e a “proteggere la fertilità nazionale, non a vietare l’aborto”, ha scritto ieri il Global Times. Ma già a settembre il Consiglio di stato menzionava la riduzione degli aborti non necessari dal punto di vista medico, obbligando le donne a presentare ragioni mediche per sottoporsi alla procedura. Ancora non è chiaro come la Cfpa intenda intervenire praticamente, eppure il messaggio sembra chiaro – il Partito comunista è alle prese con un enorme calo demografico, il numero di pensionati continua ad aumentare mentre il tasso di natalità cinese ha toccato il minimo storico lo scorso anno.

Per evitare che la crescita economica venga ostacolata dalla perdita di milioni di persone in età lavorativa, bisogna fare qualcosa. In Cina vengono eseguiti circa 9,5 milioni di aborti l’anno, quasi quanto le 10,6 milioni di nascite registrate nel 2021. A maggio il Partito ha ufficialmente consentito alle famiglie di avere tre figli, dopo l’abolizione della politica del figlio unico nel 2015. Nonostante ciò tante coppie continuano a volere un solo figlio o non volerne proprio, a causa dei costi e della pressione cui la società cinese le sottopone. E se allentare le restrizioni della pianificazione familiare non funziona? “Non possono costringere le donne ad avere figli, ma possono impedire alle donne di abortire”, ha affermato Xiong Jing, un’attivista cinese. La maternità in Cina è ancora una volta un fatto non solo razionale, ma strumentale alla politica: deve contribuire alla crescita economica del paese, e quindi, come sempre, è il Partito a mettere divieti e obblighi.

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