editoriali
La scommessa di Scholz era giusta
Berlino vuole impegnarsi di più nel mondo, anche con le armi. Un sondaggio
Più impegno attivo in politica estera e maggiore autonomia dagli Stati Uniti. Li chiedono rispettivamente il 67 per cento e il 75 per cento dei tedeschi secondo una rilevazione della Körber Stiftung. L’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina, due paesi anche geograficamente vicini ai confini orientali della Germania, ha risvegliato l’attenzione dei tedeschi per le crisi internazionali dopo molti lustri di placido sonno sotto l’ombrello (americano) della Nato. A settembre dello scorso anno solo il 45 per cento dei tedeschi voleva una Berlino più coinvolta sulla scena globale. La decisione del cancelliere Olaf Scholz di inviare aiuti militari all’Ucraina e di iniettare 100 miliardi di euro nelle casse della Bundeswehr, le Forze armate della Germania, non è stato dunque un colpo di testa ma riflette l’opinione di tanti elettori secondo cui è giunto il momento anche per la Repubblica federale di diventare grande.
Un passaggio a lungo evitato in virtù del diffuso antimilitarismo di matrice cristiana e socialdemocratica ma anche del senso di colpa per gli orrori provocati nel resto d’Europa dal regime nazionalsocialista: così la Germania ha sempre puntato sulla forza economica ma molto poco su quella militare. Il cambio di passo dettato dal governo rosso-giallo-verde mette poi in difficoltà i sovranisti dell’AfD: durante l’ultimo dibattito generale al Bundestag, il numero uno del partito Tino Chrupalla ha attaccato il governo accusandolo di puntare all’acquisto di gas arabo anziché russo e per aver consegnato armi agli ucraini “sporcandosi le mani di sangue”. Poi si è lamentato dei 100 miliardi promessi alla Bundeswehr, dimentico del fatto che a lamentarsi della scarsa dotazione delle Forze armate tedesche per anni si è sentita solo l’AfD. Parole pronunciate senza troppa convinzione nella consapevolezza che la grande maggioranza degli elettori non la pensa come lui.