Chi sfida chi alle elezioni francesi

Il voto delle presidenziali si terrà il 10 aprile, il secondo turno sarà il 24: ecco i ritratti dei candidati principali 

Emmanuel Macron 

 

Ha 44 anni ed è stato presidente dell'Eliseo per cinque anni: nel 2016, in previsione della sua candidatura alle elezioni presidenziali, ha fondato un movimento politico chiamato En Marche! con il quale nel 2017 lo ha vinto le elezioni. I suoi sono stati cinque anni di continua tensione, iniziati con la protesta dei gilet gialli e proseguiti con gli scioperi più durevoli degli ultimi trent’anni, un professore decapitato per strada da un terrorista islamico, la pandemia, ora Putin che invade l’Ucraina. Memorabile l'intervento del 26 settembre 2017, nel grande anfiteatro dell'Università La Sorbonne a Parigi, i cui annunciava la sua ambiziosa idea d'Europa.  E' stato il primo politico ad aver impostato la sua campagna elettorale nel 2017 attorno ai valori europei, a sovrapporli a quelli francesi, a estenderli, ad ampliarli fino a perdere i confini di quello che era francese e quello che era europeo.

 

Paola Peduzzi è andata a vedere l'unico comizio prima del voto del presidente francese. Qui il monografico.

 

Qui il suo programma per la Francia 2022-2027: indipendenza nazionale senza mai dimenticare l'europeismo, di Mauro Zanon.

 

Paola Peduzzi e Micol Flammini in Euporn – il lato sexy dell'Europa hanno raccontato  le ambizioni e le promesse del semestre francese.

 

Qui una riflessione di Giuliano Ferrara sul destino del Macron politico.

  

Marine Le Pen

Ha 53 anni ed è salda al secondo posto per il primo turno con un distacco non molto grande da Macron all’eventuale ballottaggio. La leader del Rassemblement national, ex Front national, durante la campagna elettorale ha stracciato la foto con Putin che aveva approntato per la campagna di donna di stato, e al secondo turno potrebbe ottenere i voti anche della sinistra radicale. Diverse inchieste hanno indagato sugli investimenti degli ultimi anni al Rassemblement. Si è parlato molto del prestito ungherese che avrebbe ottenuto per finanziare la campagna di queste presidenziali – dopo aver già ottenuto un prestito russo per quelle del 2017. Lo scorso ottobre a Budapest Orbán ha dato gli onori alla leader: due leader populisti in campagna elettorale. Al centro del loro incontro c'era stato il progetto di costituire un unico partito delle estreme destre europee.

 

Sempre Giuliano Ferrara sulla tonalità rossobruna della Francia al voto. Putin è il rassembleur dei renitenti alla pratica delle libertà civili.

 

 

Qui Paola Peduzzi parla dei sondaggi, secondo cui Le Pen dovrebbe arrivare seconda dietro al presidente e accedere al ballottaggio, lasciandosi dietro Jean-Luc Mélenchon, il candidato più forte dell’area di sinistra e soprattutto gli altri candidati di destra. 

 

 

Intervistata dal Foglio, la leader del Rn ci ha detto che Draghi fa il bene delle banche e non dei popoli.

  

Qui un editoriale su quando Le Pen ha dichiarato che non si sarebbe presentata all’Assemblea nazionale francese per ascoltare assieme agli altri deputati il videomessaggio di Zelensky. 

 

Sempre su Euporn – il lato sexy dell'Europa Paola Peduzzi e Micol Flammini raccontano il bipolarismo di Macron con Le Pen, come la sfida per le presidenziali del 2022 sembra pericolosamente simile a quella del 2017, la tortuosa via di mezzo e un libro

 

Jean-Luc Mélenchon

 

Si tratta della terza candidatura all’Eliseo per il guru della sinistra radicale che è sicuro di avere le sue chance, nonostante l’ultima rilevazione lo attesti in terza posizione con il 17,5 per cento. Il presidente della France insoumise ha sett'antanni, e molto ottimismo: "Sono pronto a governare”, dice, più convinto che mai di poter essere la sorpresa di queste presidenziali e di smentire politologi e commentatori secondo cui la finale sarà ancora una volta Macron-Le Pen. Dopo essere stato ministro dell’Istruzione del governo Jospin dal 2000 al 2002, Mélenchon ha iniziato progressivamente ad allontanarsi dal Ps, fino allo strappo con Ségolène Royal nel 2008 per divergenze ideologiche e la fondazione del suo Partito di sinistra, diventato poi Fronte di sinistra e infine France insoumise. Nel 2017, mentre il Ps rappresentato da Benoît Hamon raccoglieva poco più del 6 per cento, lui quasi sfiorava il secondo turno con il 19,5 per cento.

 

Qui Mauro Zanon scrive della speranza chiamata Mélenchon.

  

Qui invece di quando aizzati sui social da Mélenchon, gli universitari hanno accusato Hollande di essere il responsabile della precarietà degli studenti francesi.

 

Antonio Gurrado su quando il leader dell'ultra sinistra ha lanciato l’idea di una festa della libertà come manifestazione di protesta contro i provvedimenti anti-Covid di Macron.

   

Éric Zemmour

 

Il giornalista, saggista, e intellettuale sovranista  ha annunciato la sua candidatura all'Eliseo con il neopartito Reconquête! dopo quattro mesi di precampagna in giro per la Francia per presentare il suo ultimo libro, “La France n’a pas dit son dernier mot”. E' un ex editorialista del Figaro e ha un dossier lungo di accuse, e due condanne, per incitazione all’odio razziale. E’ un ebreo algerino, di sé rivendica l’essere un berbero, radici popolari, bocciature all’ingresso della scuola delle élite, una formazione personale strappata con unghie e denti, una lunga pratica di giornalista e comunicatore sulla stampa alla radio in tv, un successo di pubblico enorme. Di destra estremissima, dice che i suoi numeri lo danno al secondo turno –  in Francia ha sdoganato molti concetti estremisti, che sono considerati parte del dibattito, proprio come è accaduto con il trumpismo in America. 

 

Paola Peduzzi qui colloca Zemmour tra i megafoni sovranisti della propaganda russa. 

 

Qui Giuliano Ferrara dice: occhio a Zemmour, occhio alla Francia, e all’Europa intera. 

 

In concreto, le parole d'ordine del polemista assomigliano più al verso di una chanson di Charles Trenet che a un vero programma di governo: chissà.

 

Qui Mauro Zanon su quando Zemmour in un video su YouTube ha ufficializzato la sua candidatura alle presidenziali francesi del 2022.

 

Valérie Pécresse

   

È la candidata gollista alle presidenziali francesi per i Républicains. La sua elezione era stata una ventata d’aria fresca: non era la favorita, quindi aveva l’aura dell’outsider, cosa imprescindibile per un partito schiacciato all’esterno tra il macronismo e l’estrema destra, e soffocato al suo interno da molti politici ingombranti ancorché poco votati. Pécresse è liberale ed europeista, ha una visione pro business e conosce bene l’ecosistema delle start-up, crede molto nella meritocrazia repubblicana e nella Francia come progetto di emancipazione degli individui. Ma a quarantatré giorni dal primo turno, regnava un clima di rassegnazione attorno all’ex pupilla di Jacques Chirac: ad aggravare la situazione, dopo le critiche velenose dell’ex presidente della destra Nicolas Sarkozy verso la sua ex ministra, ha contribuito un’inchiesta di Libération, secondo la quale ci sarebbero state “manovre fraudolente” durante le primarie interne di dicembre.

  

Qui il ritratto di Mauro Zanon della presidente dell’Ile-de-France liberale, europeista, “femminista ma non wokista”.

 

Paola Peduzzi su Cosmopolitics racconta le molte divisioni tra i gollisti francesi e le discussioni su Pécresse. Da Sarkozy all'ingombrante Eric Ciotti.

 

Qui un editoriale sui sondaggi in calo e sull’inchiesta sulle primarie che ha messo in difficoltà la candidata gollista.