editoriali
La resa dell'Onu alla Cina
Il report sullo Xinjiang di Bachelet ancora rimandato, e i sospetti aumentano
C’è un mistero che aleggia a Ginevra da almeno tre mesi. E’ il mistero di un report che l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, avrebbe dovuto firmare dopo la sua visita nella regione autonoma dello Xinjiang, l’area in cui la Cina è accusata di reprimere e internare la minoranza turcofona e musulmana degli uiguri. A giugno Bachelet aveva promesso che il report sarebbe arrivato prima della fine del suo mandato, che scade il 31 agosto, ma ieri durante una conferenza stampa ha detto che niente, il suo ufficio non ce la fa, stanno ancora esaminando “input sostanziali”. Il report dell’Alto commissario è molto importante e atteso, perché si tratta del primo documento ufficiale sullo Xinjiang – e sulla repressione della Cina – sin dal 2018, quando per la prima volta gli esperti dell’Onu dissero che i rapporti sull’internamento di più di un milione di uiguri nei campi di “rieducazione e indottrinamento” erano “credibili”.
Un mese fa Reuters aveva svelato che il governo cinese, con una lettera, aveva chiesto esplicitamente all’Onu di insabbiare il rapporto. E il ritardo sulla pubblicazione del documento inizia a essere sospetto. Nel frattempo, solo l’altro ieri il dipartimento di stato americano ha pubblicato un documento sugli sforzi della Repubblica popolare per “manipolare e dominare la narrazione globale sullo Xinjiang”. Per farlo, si serve di messaggi sui social network, anche creati da intelligenze artificiali, con un minuzioso lavoro di lobby nelle istituzioni internazionali, esercitando il proprio potere economico e politico per contrastare un crescente numero di reportage giornalistici, ricerche accademiche e testimonianze di sopravvissuti, attaccando personalmente i giornalisti e i critici in un’azione coordinata simile alla molestia. Alla luce di tutto questo, il ritardo nella pubblicazione del report di Michelle Bachelet è un segnale non solo inquietante, ma anche di resa delle istituzioni dell’Onu alle pressioni cinesi.