Editoriali
La scelta sull'energia di Boris Johnson: “Go nuclear, go large”
Nel suo ultimo discorso, il primo ministro del Regno Unito ha offerto una linea chiara rivolta al paese, che stanzierà 700 milioni di sterline e costruirà otto nuovi reattori
L’invasione russa dell’Ucraina si sta dimostrando una Fukushima al contrario. Se l’incidente del 2011 in Giappone, che l’Agenzia internazionale per l’energia atomica definì “catastrofico”, fece interrogare molti paesi sull’affidabilità delle centrali nucleari, allontandoli, la guerra in Ucraina sta invece convincendo molte nazioni a rivalutare l’energia atomica.
In Germania si discute di rimandare la chiusura delle centrali rimaste attive. In Slovacchia qualche giorno fa è stato autorizzato un nuovo reattore nella centrale di Mochovce, che presto entrerà in funzione, e si discute di aggiungerne un altro. Ieri è stato il turno della Gran Bretagna e di Boris Johnson, che ha ribadito l’intenzione, nota ormai da mesi, di tornare a sfruttare l’energia nucleare. Il piano del governo britannico è quello di costruire otto nuovi reattori, con l’obiettivo di passare entro il 2050 dal 15 per cento al 25 per cento di energia elettrica prodotta con il nucleare.
“Andiamo con il nucleare e andiamoci pesanti”, ha detto Johnson nel suo ultimo discorso pubblico da primo ministro (il 5 settembre si conoscerà il nome del suo successore). Il contesto non era casuale: si trovava nel Suffolk, più precisamente a Sizewell, un paese sulla costa sud-orientale dell’Inghilterra, dove il governo prevede di allargare l’attuale centrale nucleare con due nuovi reattori. La decisione finale sul progetto spetta al suo successore, ma Johnson ne ha già indirizzato le scelte dicendosi “fiducioso” che il piano verrà completato e stanziando 700 milioni di sterline da un fondo statale dedicato allo sviluppo del nucleare.
La cifra può sembrare irrisoria rispetto ai costi generali del progetto, che si aggirano tra i 15 e i 20 miliardi di sterline, ma quello sostenuto da Johnson è il percorso corretto per ridurre le emissioni e aumentare la sicurezza energetica del suo paese, e dell’occidente in generale, dopo l’invasione dell’Ucraina e l’uso da parte di Putin del gas come un’arma puntata contro l’Europa.
L'editoriale dell'elefantino