editoriali
Non cediamo al ricatto di Orbán
Il premier ungherese pone condizioni sulle sanzioni alla Russia. I fondi europei
Il governo di Viktor Orbán ha deciso di istituire un nuovo organismo anticorruzione in Ungheria nel tentativo di sbloccare l’approvazione del piano di Recovery da parte della Commissione europea. In gioco ci sono 7,2 miliardi di euro in sovvenzioni, che Orbán rischia di perdere per sempre se l’Ue non darà il via libera entro la fine dell’anno. In un contesto di crisi economica, con problemi di bilancio nazionali per la sua politica di sussidi, il governo ungherese ha bisogno assoluto dei fondi dell’Ue. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, è di fronte a un dilemma. Molti osservatori esterni ritengono che il nuovo organismo anticorruzione sia solo una riforma di facciata. Ma negare a Orbán i miliardi del Recovery potrebbe spingerlo a usare in modo dirompente il suo diritto di veto nell’Ue. Orbán in parte lo sta già facendo. A maggio ha bloccato l’approvazione della direttiva dell’Ue sulla tassazione delle multinazionali. Cosa più grave, i veti del premier ungherese – quello sull’embargo petrolifero russo o le sanzioni contro il patriarca di Mosca Kirill – stanno limitando la capacità dell’Ue di agire a sostegno dell’Ucraina. Secondo Radio Free Europe, l’Ungheria ora minaccia di bloccare il rinnovo delle sanzioni dell’Ue contro oltre mille individui e cento entità russe se tre oligarchi – Alisher Usmanov, Pëtr Aven e Viktor Rashnikov –- non saranno tolti dalla lista nera. In realtà, cedere al ricatto di Orbán sullo stato di diritto sarebbe un grave errore anche nel contesto della guerra all’Ucraina. Il premier polacco, Mateusz Morawiecki, che finora non ha ottenuto l’esborso dei fondi del Recovery, ha detto di voler rilanciare il gruppo di Visegrád per fare causa comune con Orbán contro l’Ue malgrado le divisioni dei due sulla Russia. La causa della democrazia e dello stato di diritto va difesa nell’Ue tanto quanto in Ucraina.