editoriali
Berlino e il premio alla sudafricana Pillay che accusa Israele di apartheid
La sindaca della città fa marcia indietro solo dopo essere stata bacchettata dalla stampa tedesca. In Europa l'antisemitismo continua sempre a farla franca
Franziska Giffey, la sindaca di Berlino, ha ritirato la disponibilità del Rotes Rathaus, il municipio rosso, a ospitare la cerimonia di consegna della medaglia Otto Hahn per la Pace a Navanethem Pillay, giurista nata in Sudafrica da famiglia indiana. Quello che stupisce è che Giffey abbia fatto marcia indietro solo dopo essere stata bacchettata dalla stampa tedesca che le ha segnalato come Pillay, già Alto commissario Onu per i diritti umani, non sia amica della pace a 360 gradi. La giurista è nota per aver accusato Israele di praticare l’apartheid; un’accusa tanto più grave perché pronunciata da chi in Sudafrica ha vissuto la segregazione razziale sulla propria pelle – Pillay è nata nel 1941 mentre l’apartheid è terminato solo 50 anni dopo. Pillay sa che in Israele non ci sono tre parlamenti come nel Sudafrica razzista ma che la principale minoranza in Israele è rappresentata alla Knesset da più partiti, che uno di questi fa parte della coalizione al governo e che giudici arabi siedono alla Corte suprema.
Nel 2020 la giurista onusiana ha firmato un appello a favore del boicottaggio di Israele. A evitare una figuraccia a Giffey ha provveduto la Bild, ricordandole come il Bundestag abbia condannato il boicottaggio come razzista. Ma resta lo stupore per come la sindaca non se ne sia accorta prima. Forse si è trattato solo di disattenzione: la stessa della Società tedesca per le Nazioni Unite, la ong che ha premiato Pillay, o di quella della giuria del Premio Campiello, presieduta da Walter Veltroni, che ha consacrato vincitore Bernardo Zannoni, 27enne autore di “I miei stupidi intenti”, un romanzo con tanti personaggi fra i quali Solomon l’usuraio e il suo cane Gioele. La Comunità ebraica di Roma ha chiesto a Zannoni perché l’usuraio e il suo cane dovessero avere nomi ebraici. L’autore si è detto “colpito” e ha chiesto scusa. E tuttavia resta nettissima la sensazione che mentre aumenta la sensibilità per tutte le minoranze che vogliamo riconoscere, l’antisemitismo continui sempre a farla franca. E “per distrazione” vinca anche premi e medaglie.