I “Robin Hood” di Beirut. Gli assalti alle banche in Libano sono un allarme che arriva fino all'Iran
Le banche libanesi sono talmente in difficoltà da congelare i conti correnti dei loro clienti. Così i correntisti armati costringono gli impiegati a consegnare i soldi. Solo i propri, ma invece di usare i bancomat usano pistole e fucili. Beirut è in trattative con il Fmi per un prestito di vitale importanza
Da giorni in Libano i correntisti armati prendono d’assalto le filiali delle banche per prelevare i loro soldi. Solo i loro, ma invece di usare i bancomat usano pistole e fucili e costringono gli impiegati a consegnare i contanti. Solo la settimana scorsa si sono verificati ben sette casi. Aveva cominciato un uomo lo scorso agosto e da allora si è innescata una serie di attacchi analoghi. Il più eclatante è stato quello di una donna, Sali Hafez, che armata di pistola è entrata in banca, ha preso degli ostaggi e ha prelevato tutti i suoi risparmi, 13 mila dollari, che le servivano per pagare le cure della sorella malata di cancro. Il motivo di tanta rabbia – attacchi “alla Robin Hood” li ha definiti la stampa locale – è che le banche libanesi sono talmente in difficoltà da congelare i conti correnti dei loro clienti. In un paese con un tasso di povertà che supera il 74 per cento, limitazioni simili sono un colpo mortale a chi ha accumulato solo pochi risparmi. Per paura di altre aggressioni, le banche sono chiuse da giorni.
Dovevano riaprire giovedì scorso, ma ieri hanno annunciato che resteranno serrate a tempo indeterminato perché le autorità non riescono a garantire la sicurezza. Il sistema fiscale libanese è considerato dall’opinione pubblica un misto di corruzione e malaffare che alimenta una classe politica inadeguata – sono passati già quattro mesi dalle ultime elezioni e ancora non si vede un governo. Beirut è in trattative con il Fondo monetario internazionale per un prestito di vitale importanza che però è subordinato al taglio dei sussidi, a cominciare da quelli per i carburanti, che già ha causato proteste. A fornire benzina sul mercato nero e a riattivare la luce nei tanti villaggi senza energia elettrica ci pensa Hezbollah, il partito armato satellite dell’Iran. In cambio, gli uomini del Partito di Dio chiedono voti, ma ora i malumori della piazza di Beirut sono un allarme che arriva fino a Teheran, dove il regime è già alle prese con le manifestazioni delle donne. Sembra si stia aprendo una faglia nel sistema antiliberale e corrotto costruito e fomentato dall’Iran. Le conseguenze possono essere enormi.
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