Tutte le novità sull'Abwehrschirm, i 200 miliardi varati da Scholz
Lo "scudo di difesa economica contro la guerra d’aggressione russa" è articolato in tre assi. Ma non tutti sono d'accordo con l'aumento del debito che comporterà
Berlino. La prima novità sta nel nome. Quello da 200 miliardi varato pochi giorni fa dal governo del cancelliere Olaf Scholz non è un generico piano di sostegno all’economia ma si chiama “scudo di difesa economica contro la guerra d’aggressione russa”. La seconda è che questa volta ci ha messo la faccia anche il ministro delle Finanze Christian Lindner, capo del partito liberale (Fdp). Per diversi mesi, Lindner ha lasciato che il ministro dell’Economia e del Clima, il vicecancelliere verde Robert Habeck, rosolasse a fuoco lento occupandosi da solo di centrali atomiche e tariffe del gas, infilzato da stampa e opposizione. Ma anche se ieri all’Eurogruppo Lindner ha difeso l’“Abwehrschirm” spiegando che le sue dimensioni sono proporzionate a quelle dell’economia tedesca, 200 miliardi sono una cifra considerevole anche per la Germania e questa volta il vicecancelliere ha stanato il collega, obbligandolo a condividere la responsabilità del piano.
Cosa c’è dunque scritto nell’“Abwehrschirm”? Che con gli atti di sabotaggio ai gasdotti nel mar Baltico, la Russia “ha raggiunto un ulteriore stadio di escalation”. Ma il governo resta fedele al motto di Scholz: “Nessuno sarà lasciato solo”. La prima misura contenuta nello scudo è negativa: scompare la prevista sovrattassa in bolletta del gas ideata da Habeck. Nessun aumento per raccogliere liquidità da investire in Uniper visto che con l’annuncio della nazionalizzazione del primo fornitore di gas in Germania – e altre forse seguiranno – la questione diventa di competenza della fiscalità generale. Lo scudo poi si snoda su tre assi: il primo è quello dell’aumento dell’offerta energetica con il governo che si impegna ad accelerare sulle rinnovabili, sui rigassificatori e sulla produzione di elettricità da carbone, accingendosi anche a lasciare due centrali nucleari aperte fino a primavera. Più offerta fa il paio con meno consumi, e presto partirà una campagna per il risparmio dedicata a famiglie e imprese.
Il secondo asse prevede l’introduzione di un tetto al prezzo dell’elettricità e una redistribuzione agli utenti degli extra profitti delle aziende che vendono elettricità. Il terzo asse, quello più contestato, prevede sovvenzioni a favore dei consumatori e delle Pmi, ai quali il governo garantirà il cosiddetto consumo di base mentre per i consumi eccedenti la quota si applicherà il prezzo di mercato corrente. Obiettivo dichiarato del governo “è ridurre il prezzo dell’elettricità per il cliente finale sulla bolletta elettrica e svincolarlo dai prezzi elevati del mercato all’ingrosso”. Le grandi imprese saranno alleggerite in modo analogo, garantendo un consumo di base.
L’esecutivo intende anche introdurre un freno al prezzo del gas “il prima possibile”, fornendo a famiglie e aziende “un sollievo finanziario tangibile e visibile”. Costo dell’operazione: 200 miliardi che non saranno però messi a bilancio perché verranno dalla riattivazione del Fondo di stabilizzazione economica (Wsf). Il ritorno al Wsf, utilizzato in piena pandemia, e per cui servirà un nuovo voto del Bundestag per sfuggire una ancora una volta all’obiettivo-totem del pareggio di bilancio, ha già guadagnato al governo la critica del presidente della Corte dei conti della Germania, Kay Scheller, che vi ha letto un modo per fare debito senza trasparenza.
Critiche sullo scudo da 200 miliardi sono piovute anche da numerosi economisti. Significative le parole dell’Institute for World Economy (IfW) di Kiel secondo cui “sarebbe devastante se consumatori e aziende inferissero dal cosiddetto ‘schermo protettivo’ che ora sono liberi dalle loro preoccupazioni energetiche perché lo stato sta pagando tutto attraverso i sussidi. Piuttosto, è importante e necessario ridurre il consumo di gas”. Preoccupato anche per la spinta che questo pacchetto darà all’inflazione, l’IfW aggiunge anche una postilla energetica: “Allungare di qualche mese la vita delle centrali nucleari è poco più che una politica simbolica: è un’occasione persa”.