Biden promette reazioni alla strafottenza dell'Arabia Saudita. Non sarà semplice
Il Congresso americano chiede una punizione esemplare per bin Salman. Si punta a sospendere l'export delle armi o a mettere l'Opec+ fuori legge. Ma ogni scelta ha un costo elevato
Lo scorso luglio, in occasione del suo viaggio a Gedda, Joe Biden fu accusato dai detrattori di non avere argomenti abbastanza forti per convincere l’Arabia Saudita a produrre più petrolio e abbassare i prezzi. A distanza di tre mesi, ora che l’Opec+ ha fatto esattamente il contrario e il presidente americano promette “qualche genere di conseguenze” contro Riad “per quello che ha fatto con la Russia”, la tesi dei detrattori è più o meno la stessa: il presidente è davvero pronto a “punire” i sauditi accettando un costo politico ed economico elevato?
Biden è finito nella discussione suo malgrado, dopo la sollevazione di democratici e repubblicani contro la strafottenza dimostrata da Mohammed bin Salman. Il senatore democratico Richard J. Durbin non si è limitato a ricordare le responsabilità dell’erede al trono saudita per l’omicidio del giornalista e dissidente Jamal Khashoggi, ma ha anche ricordato i silenzi di Riad e le “domande rimaste senza risposte riguardo agli attentati dell’11 settembre”. Un altro democratico, il presidente della commissione Affari esteri del Senato, Robert Menendez, ha chiesto l’interruzione “di ogni forma di cooperazione con i sauditi”, colpevoli di aver scelto di “schierarsi dalla parte della Russia”. Bruce Riedel, analista della Brookings Institution, ha ipotizzato sull’Intercept che la ragione di toni così duri da parte dei democratici sono le elezioni di midterm “e il timore che MBS stia cercando di indebolirli riportando Donald Trump alla Casa Bianca”.
Il colpo assestato dall’Opec+ è stato duro, tanto per la Casa Bianca quanto per le tasche dei cittadini americani, che già hanno visto le conseguenze alle pompe di benzina. Adesso Biden ha tre possibilità davanti a sé per “punire” Riad, tutte con costi politici ed economici elevati. La prima è quella di fare come propone Menendez, approvando una legge che sospenda le esportazioni di armi e pezzi di ricambio in Arabia Saudita. Abbandonare militarmente Riad significherebbe però indebolire il principale alleato di Washington nel Golfo a vantaggio dell’Iran. L’ultima vendita di armi ai sauditi risale allo scorso agosto, con il via libera alla fornitura di 300 missili Patriot per un valore superiore a 3 miliardi di dollari. Quei missili sarebbero serviti all’Arabia Saudita per difendersi dagli attacchi degli Houthi dello Yemen, sostenuti dall’Iran, ma ora la commessa potrebbe essere congelata.
La seconda strada sarebbe il via libera al cosiddetto Nopec – acronimo di No Oil Producing and Exporting Cartels Act – un provvedimento che autorizzerebbe il dipartimento di Giustizia a perseguire l’Opec+ come un oligopolio che altera il mercato ostacolando la libera concorrenza. Una legge del genere fu già approvata nel 2008, ma l’allora presidente George W. Bush pose il veto. Lo scorso maggio è stato approvato un altro testo analogo in commissione al Senato e Biden questa volta potrebbe controfirmare la legge. Ma anche questa mossa ha dei rischi. L’Opec+ potrebbe adottare contromisure peggiori, riducendo ancora di più la produzione e aumentando ulteriormente i prezzi. Prezzi che in alternativa potrebbero fare il contrario e scendere in picchiata in caso di un aumento eccessivo della produzione, andando così a ledere gli interessi degli stati americani produttori di greggio, come il Texas o la Pennsylvania.
Alla fine, i margini di azione per Biden sarebbero stretti. Per questo potrebbe esserci una terza strada, quella suggerita da un editoriale del Washington Post di sabato scorso, che ha consigliato a Biden di “fare un respiro profondo”, di puntare sull’autonomia energetica ed evitare di unirsi alla retorica pre elettorale delle midterm. Le ritorsioni contro Riad potrebbero essere ancora più nocive del fallimento di tre mesi fa a Gedda.
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