Editoriali
In Germania c'è stato un incendio in un rifugio di profughi ucraini. Probabilmente è doloso
La polizia di Gross Stroemkendorf crede che qualcuno abbia appiccato volontariamente il fuoco alla struttura che ospitava fuggitivi di Kyiv. Non sarebbe la prima volta che dei neonazisti compiono azioni contro la politica dell'accoglienza di Berlino
C’è stato un incendio, probabilmente doloso, in un hotel in Germania che ospitava rifugiati ucraini scappati dalla guerra negli ultimi mesi. E’ successo a Gross Stroemkendorf, nel nord della Germania e nel land del Meclemburgo-Pomerania, uno di quelli dove l’estrema destra di Alternative für Deutschland è più forte: è il secondo partito e supera la soglia del 25 per cento di consensi. Tutti i quattordici profughi che vivevano lì sono scappati in tempo dalle fiamme e si sono salvati, non ci sono feriti. La maggior parte di loro è di origine ucraina, ma il centro era attivo dall’aprile del 2021 e ci vivevano anche pochi rifugiati di altre nazionalità. La polizia tedesca crede che nella notte tra mercoledì e giovedì qualcuno abbia appiccato volontariamente il fuoco al vecchio hotel perché alcuni giorni prima il gestore della struttura aveva trovato una grande svastica disegnata sopra il cartello che identificava il luogo come un rifugio per profughi della Croce Rossa. Aveva sporto una denuncia contro ignoti.
In Germania ci sono quasi un milione di profughi ucraini e, se fosse questo il caso, dal primo giorno dell’invasione il 24 febbraio scorso non sarebbe la prima volta che dei neonazisti compiono azioni contro i profughi, contro la politica dell’accoglienza e contro il sostegno militare, finanziario e diplomatico di Berlino a Kyiv. Nella prima fase della guerra varie formazioni neonaziste hanno organizzato manifestazioni nella capitale tedesca in cui sventolavano la bandiera russa e cantavano slogan inneggianti a Putin: era ancora il momento in cui il presidente russo chiamava la guerra di aggressione “operazione speciale di denazificazione” e nei suoi videomessaggi raccontava che l’obiettivo numero uno era arrivare a Kyiv per deporre “quel nazista di Volodymyr Zelensky”.