Editoriali
La polizia cinese è in Italia, ma di inchieste in merito non se ne vedono
Un tema che dovrebbe essere caro al neonato governo Meloni e che è stato di interesse per gli altri paesi coinvolti, ma che qui viene ancora ignorato dalla politica
Quasi tutti i governi dei paesi dove i media hanno rivelato la presenza di “stazioni di polizia” cinesi hanno aperto delle indagini sul caso. A mancare è ancora l’Italia, dove per primo il Foglio ha fatto emergere, il 4 settembre scorso, la presenza di una “Fuzhou Police Overseas Service Station” nella città toscana di Prato. Non risultano inchieste in atto, al momento. E, fatto ancor più grave, non ci sono state nemmeno dichiarazioni ufficiali, da parte delle istituzioni italiane, sull’ambigua presenza di questi servizi con funzionalità di polizia sul nostro territorio.
Altrove però è successo: dopo che i media olandesi hanno scoperto che un cittadino cinese era stato perseguitato per tre anni da funzionari di polizia sotto copertura a Rotterdam, un portavoce del ministero degli Esteri olandese ha dichiarato che l’esistenza di uffici di polizia non ufficiali “è illegale”, e ha aperto un’indagine approfondita. In Irlanda, dove l’Irish Time aveva individuato una stazione simile a Dublino, il ministero degli Esteri irlandese ha chiesto l’immediata chiusura del servizio – che ufficialmente è un “ufficio amministrativo”, ma che in realtà funziona come una vera stazione di polizia. Ieri la polizia portoghese ha aperto un’inchiesta sull’operatività delle Forze di sicurezza cinesi sul suo territorio. Canada, Stati Uniti, Regno Unito e Spagna hanno fatto lo stesso.
La polizia canadese ha fatto sapere all’Afp di essere al corrente delle attività di “paesi stranieri che vogliono intimidire o danneggiare comunità o individui sul suo territorio”. Le rispettive ambasciate cinesi hanno tutte respinto le accuse. Tutte tranne quella in Italia, che evidentemente si sente molto tranquilla: il dossier non è stato affrontato dal nuovo governo Meloni – che sebbene si sia appena insediato, almeno nelle dichiarazioni della premier, dovrebbe avere a cuore l’urgenza della questione. Viene da pensare, allora, che il ritardo possa essere legato al fatto che l’Italia sia l’unico di questi paesi ad avere un accordo di pattugliamenti congiunti con la polizia cinese.