Foto di K.M. Chaudary, via LaPresse 

Editoriali

Il gioco pericoloso di Imran Khan che vuole tornare alla guida del Pakistan

Redazione

L’attentato di ieri all'ex premier pachistano gli fa gioco in vista delle nuove elezioni, che è destinato a vincere ancora una volta. A perdere sarà il popolo del paese, della cui oppressione da parte dell'esercito di Islamabad nessuno parla, compreso l'ex presidente

Tre colpi bastano a creare una leggenda. L’ennesima, a dire la verità, che ha per protagonista l’ex premier pachistano Imran Khan. Passato senza soluzione di continuità da sportivo a playboy internazionale, a filantropo costruttore di ospedali, per diventare poi paladino dei diritti degli oppressi, integralista islamico (lo chiamano Taliban Khan). Dopo i tre colpi sparati – pare – contro di lui durante un comizio a Wazirabad, nel Punjab, è divenuto martire per la libertà.

 

Tutto il Pakistan evoca il fantasma della buonanima di Benazir Bhutto, che aveva subìto un attentato simile al suo rientro dall’esilio, e colloca quindi di diritto Imran nel molto peculiare pantheon locale dei martiri politici. Con una differenza: Imran Khan sta benissimo e si sta togliendo, per bocca dei suoi seguaci, l’ennesima manciata di sassolini dalle scarpe. Facendo nomi e cognomi dei probabili mandanti di quello che viene definito un attentato alla sua vita, esattamente come la compianta Benazir aveva fatto nella stessa occasione.

 

Sfiduciato mesi fa, Khan gridava da allora al complotto internazionale volto a togliergli la guida del paese. Ed era alla testa di una “lunga marcia” da Lahore a Islamabad per chiedere “Libertà e diritti. Attraverso le urne o con un bagno di sangue”. Passato ad attaccare l’esercito (o, almeno, parte di esso) dopo essere stato messo dall’esercito stesso alla guida del paese, Imran sta giocando una complessa partita con generali e colonnelli, il vero governo del Pakistan. I tre colpi gli faranno probabilmente ottenere le desiderate nuove elezioni, che stando così le cose è destinato a vincere ancora una volta, e per quanto strano possa sembrare, con la benedizione dei generali.

 

Evitando all’esercito di dover perdere la faccia o di dover intervenire, con il quinto colpo di stato, per tenere sotto controllo i disordini provocati dall’assedio alla capitale dei seguaci di Khan. A perdere, come sempre, è il popolo del Pakistan: quello nella regione del Balochistan è da cinque giorni vittima di bombardamenti a tappeto a opera dell’esercito di Islamabad, e di cui nessuno vuole parlare. Tantomeno Imran.

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