editoriali
Tra sud-est asiatico e Africa, l'Ue e Biden contrastano l'influenza cinese
Joe Biden, davanti a decine di capi di stato africani, ha promesso un investimento di 55 miliardi di dollari nei prossimi tre anni per contrastare la quasi egemonica presenza cinese in Africa. L’Ue ha organizzato un summit con i paesi dell'Asean
Nel corso del suo mandato Donald Trump ha più volte insultato le nazioni africane, arrivando a chiamarle “paesi di merda”, ignorando che il suo peggior nemico, la Cina, si stava mangiando piano piano il continente. Joe Biden ieri, davanti a decine di capi di stato africani, in un summit che non si teneva da quasi dieci anni, ha promesso un investimento di 55 miliardi di dollari nei prossimi tre. Il presidente non ha esplicitamente detto che il motivo è, appunto, contrastare la quasi egemonica presenza cinese in Africa. Rispetto a quelli cinesi i numeri del commercio americano nel continente sono ridicoli, gli Stati Uniti sembrano arrivati molto in ritardo. Lo stesso si può dire dell’Unione europea, che ha forse sottovalutato la presenza cinese in altri paesi in via di sviluppo.
Più o meno in contemporanea con l’incontro di Biden, l’Ue ha organizzato un summit con i paesi del sud-est asiatico (Asean). La presidente della commissione, Ursula von der Leyen, ha accolto a Bruxelles diversi capi di stato, anche qui per cercare di affrontare, in modo indiretto, la potentissima influenza economica della Cina. Si è parlato di commercio, infrastrutture ed energia, tutti punti su cui l’Europa vorrebbe costruire solidi accordi con paesi come Indonesia, Malesia, Vietnam, Filippine e Thailandia. A oggi il commercio con le nazioni Asean riguarda solo il 5 per cento del volume europeo, ma, ha detto von der Leyen, “c’è molto potenziale non sfruttato”, annunciando che verranno investiti dieci miliardi di euro per le infrastrutture nel sud-est.
Un anno fa l’Ue ha lanciato Global Gateway, un programma per investire 300 miliardi entro il 2027 per rafforzare la sua presenza mondiale e consolidare il rapporto con partner strategici extraeuropei. L’America in Africa, l’Unione europea nel sud-est asiatico: l’impegno per limitare l’influenza cinese sembra ancora debole, ma almeno sono stati fatti dei passi in avanti. Si deve colmare un ritardo, ma quel che sarà importante è la perseveranza.