Editoriali
Il disastro Covid in Cina
Pechino ha rifiutato i vaccini occidentali e ora ha riaperto senza una strategia
Tre anni non sono bastati alla Repubblica popolare cinese per trovare una soluzione all’èra post Covid. Da giorni arrivano notizie catastrofiche dalla Cina: i contagi sono in aumento esponenziale, i dati sul tasso di mortalità poco chiari. Spaventano soprattutto gli anziani, che sono anche la fetta di popolazione meno vaccinata in Cina. Sembra quasi una punizione, quella inflitta ai cittadini cinesi e ai residenti: avete voluto la libertà, odiavate lo stato d’ansia che vi provocava la politica Zero Covid, ed eccovi accontentati.
Secondo le proiezioni, ci potrebbero essere fino a un milione di morti, e nel frattempo diversi media hanno rivelato che il paese sta affrontando anche un problema di approvvigionamento e distribuzione di medicinali di base come l’ibuprofene. Ieri l’editorial board del Washington Post avvertiva che “il nuovo incubo del Covid in Cina potrebbe diventare una catastrofe globale”. La causa di questo disastro è facile da riconoscere: il nazionalismo e l’autoritarismo dimostrato dalla leadership di Xi Jinping nell’affrontare la pandemia hanno reso Pechino, e i governi locali, incapaci di prepararsi alle riaperture. La politica Zero Covid di Xi aveva reso la Cina uno sconfinato campo di isolamento: era semplicemente insostenibile per i cittadini, anche a livello di salute mentale. Anche la sua eliminazione improvvisa, senza un piano preciso, è responsabilità della leadership. Ma più di ogni altra cosa, responsabilità di Pechino è non aver promosso un adeguato piano vaccinale che avrebbe potuto mettere in sicurezza le persone. Mentre la propaganda cinese accusava l’occidente di non proteggere i suoi cittadini, l’occidente creava i vaccini che ci hanno permesso di uscire dalle restrizioni. La Cina non ha mai voluto i vaccini occidentali, e si è affidata solo ai propri. Adesso è stata costretta a importare il paxlovid, l’antivirale di Pfizer, e permettere almeno agli stranieri, sul proprio territorio, di accedere a vaccini occidentali. Nel 2020 si poteva pensare che la Cina, come il resto del mondo, non fosse preparata a una pandemia da coronavirus. Oggi non ci sono scuse.