Editoriali
La Camera americana sosterrà Kyiv: questione economica, più che valoriale
L'equazione è molto semplice: gran parte dei milioni stanziati vengono spesi in America, per armi americane che pagano stipendi a lavoratori americani
La lotta tra i “Never Kevin” e gli “Only Kevin” ha paralizzato il Congresso americano per cinque giorni, ha messo l’aspirante speaker repubblicano Kevin McCarthy, trumpiano per vocazione e moderato per necessità, nella condizione di ascoltare le richieste dei venti estremisti che neppure a Donald Trump danno più retta, visto che l’ex presidente aveva suggerito loro di votare per McCarthy senza troppe storie. Il gruppo dei venti ha invece puntato i piedi, ha tenuto in ostaggio McCarthy che alla fine ha deciso di aprire a delle concessioni e a compromessi. Ma neppure le concessioni sono state sufficienti a convincere tutti e quindi il Congresso è andato avanti a votare, sacrificando anche il venerdì all’elezione del nuovo speaker. C'è voluto il sabato mattina per eleggere McCarthy, per concludere una pratica che, in tempi normali di partiti non dilaniati, negli Stati Uniti viene risolta rapidamente.
Tra le richieste dei venti a McCarthy c’è anche un cambio di rotta riguardo al sostegno a Kyiv. Tra i “Never Kevin” infatti si sono assiepati deputati come Lauren Boebert e Matt Gaetz, i due che durante l’intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky si sono rifiutati di applaudire e sono rimasti seduti con aria annoiata e corrucciata. Sono i sostenitori del motto “basta assegni in bianco all’Ucraina”, i fautori della Difesa prima per l’America e poi per gli altri. Oltre al fatto che, una volta nominato, lo speaker può agire in autonomia senza ascoltare le richieste dei suoi detrattori che lo hanno costretto al compromesso, comunque si può dubitare che il Congresso cambierà atteggiamento nei confronti di Kyiv.
Non è la questione valoriale ad assicurare continuità, ma quella economica. Il dato è semplice: gran parte delle decine di miliardi che il Congresso ha stanziato per l’Ucraina vengono spesi in America, per armi prodotte dalle fabbriche americane, che pagano stipendi a lavoratori americani. Un’equazione che agli estremisti, seppur in cerca di slogan populisti facili, non sfugge.
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