Editoriali
A Hong Kong i Simpson sono (di nuovo) censurati
Una battuta sulla Cina di un personaggio è abbastanza per non far trasmettere in streaming l'episodio nella ex colonia britannica. Intanto è iniziato il processo a 47 parlamentari e attivisti pro democrazia, dopo gli arresti di due anni fa
"Ecco le meraviglie della Cina. Miniere di bitcoin, campi di lavoro forzato dove i bambini fabbricano smartphone”: l’istruttore di Marge Simpson, durante una lezione di ginnastica, pronuncia queste parole sulle immagini della Grande Muraglia cinese. È il secondo episodio dell’ultima stagione de “I Simpson”, andato in onda per la prima volta a ottobre dell’anno scorso e presente su tutte le piattaforme streaming Disney+. Tutte tranne una, quella di Hong Kong. Non è la prima volta che i Simpson vengono censurati nell’ex colonia britannica: già nel 2021 Disney aveva rimosso un episodio del 2005 che faceva riferimento al massacro di Tiananmen, con un cartello nella principale piazza di Pechino: “Qui, nel 1989, non è successo niente”.
Un professore dell’Academy of Film della Hong Kong Baptist University specializzato in censura, Kenny Ng, ha detto al Financial Times (il primo ad aver dato la notizia) che la Disney potrebbe aver cancellato in modo preventivo l’episodio “per preoccupazione per gli affari dell’azienda, attuali e futuri, nella Cina continentale”. Ma a Hong Kong dal 2021 vige una legge sulla censura cinematografica, anche se secondo Pechino non si applicherebbe ai servizi di streaming. Nelle stesse ore in cui un cartone animato satirico veniva censurato, a causa di un’altra legge, quella sulla Sicurezza nazionale, a Hong Kong è iniziato il più grande processo contro 47 parlamentari, accademici e attivisti pro democrazia di Hong Kong, gli “Hong Kong 47”. Sono alcuni degli attivisti più importanti della città, arrestati due anni fa a causa dell’introduzione della legge sulla Sicurezza imposta da Pechino. Tra loro c’è il giurista Benny Tai e l’ex leader studentesco Joshua Wong: in 18 rischiano l’ergastolo in un processo il cui obiettivo sembra quello di eliminare l’opposizione di una Hong Kong dove sarebbe dovuto rimanere in vigore il principio “un paese, due sistemi”, ma che somiglia sempre di più a Pechino.