Editoriali
Le due anime divise dei repubblicani alla prova del futuro
Da una parte i trumpiani che si ritrovano al Cpac, dall'altra le riunioni a porte chiuse dei post trumpiani a Palm Beach: così ci si prepara alle presidenziali del 2024
In questi giorni si stanno svolgendo in parallelo le riunioni annuali del Conservative Political Action Committee (Cpac) e del Club for Growth, due gruppi di lobbying politico che normalmente servono ai politici repubblicani come prima vetrina per la candidatura alle presidenziali ma anche per cercare la riconferma. Solo che quest’anno le modalità e la qualità degli ospiti segnano un netto divario. Dal lato Cpac, l’ospite più importante del meeting che si tiene a Washington è l’ex presidente Donald Trump e i temi trattati in questo convegno sono pubblici: la crisi migratoria, il “pericolo woke”, l’attacco ai valori tradizionali da parte dei democratici e la presunta debolezza dell’Amministrazione Biden nei confronti di Pechino.
Dall’altro lato i temi della riunione del Club for Growth a Palm Beach, in Florida, non sono noti: la riunione è a porte chiuse. Sappiamo però che l’ex presidente non è stato invitato (e lui si è fatto sentire sulle pagine della sua piattaforma social Truth inveendo contro i “globalisti perdenti” del Club). Facile però che si parli di concrete misure economiche, di politiche energetiche e di fiscalità, temi molto cari al principale finanziatore dell’associazione Charles Koch, che non è in buoni rapporti con Trump. Ron DeSantis, governatore della Florida con libro-manifesto appena pubblicato e molte aspirazioni, ha scelto di essere presente soltanto a Palm Beach, dato che da quelle parti hanno già deciso, con un memo interno circolato a gennaio di guardare oltre al trumpismo. Quindi se da un lato ci saranno Trump e i suoi alleati (con qualche eccezione come Nikky Haley, anche lei candidata alla presidenza con poche speranze), dall’altro ci sarà chi vuole pensare al futuro del Partito repubblicano o almeno costruire una strada che possa portarlo oltre e lontano dal trumpismo che, non essendo più vincente come si è visto alle elezioni di metà mandato dello scorso autunno ha smesso di essere così monopolizzante per tutto il partito.
I conservatori inglesi