Editoriali
Adesso anche la Serbia vuole sanzionare Putin
Per il ministro dell'Economia di Belgrado è arrivato il momento di allinearsi alle misure europee. Persino i migliori amici di Mosca scoprono che l’occidente conviene
Le sanzioni occidentali contro la Russia funzionano e lo dice pure il governo della Serbia, cioè di un paese considerato quasi vassallo di Mosca e di Vladimir Putin. Il ministro dell’Economia di Belgrado, Rade Bashta, due giorni fa ha scritto un post sul suo profilo Instagram: “La Serbia sta già pagando un prezzo molto pesante per essersi rifiutata di imporre sanzioni contro Mosca fino ad ora. Io sostengo che ormai sia giunto il momento di introdurle anche qui”. Bashta è arrivato alla conclusione che, dopo più di un anno di guerra, la difesa a oltranza della posizione russa abbia solo danneggiato la popolazione serba e abbia impedito la crescita economica del suo paese. La morale e la coscienza non c’entrano: la conclusione è che – non per convinzione politica, ma per convenienza economica – ora l’obiettivo debba essere quello di rimanere nell’orbita occidentale e, in particolare, in quella dell’Unione europea.
Già due mesi fa, il suo presidente Aleksandar Vucčìcć aveva criticato Mosca per il reclutamento portato avanti dalla compagnia di mercenari Wagner – l’esercito ombra del Cremlino gestito e finanziato da Evgeni Prigozhin – nel suo paese. Anche allora gli analisti avevano letto il posizionamento come poco sincero ma funzionale: il problema non erano i serbi mandati al fronte ma i rischi per la Serbia se il paese fosse stato considerato un quasi alleato militare di Putin dalle istituzioni di Bruxelles. È una traiettoria simile a quella percorsa dal premier ungherese Viktor Orbán, che è più affine a Putin che a von der Leyen, ma che – alla fine – ha considerato più utili i fondi europei che la riconoscenza del Cremlino. Quando si sente ripetere “le sanzioni non funzionano”, bisognerebbe ricordare che anche due giganti come India e Cina, decisamente meno bisognosi di Serbia e Ungheria, le rispettano perché conviene. Senza sanzioni, e senza un’adesione all’embargo così larga, che va ben oltre i confini dell’occidente, Putin sarebbe molto meno isolato e ancora più pericoloso.