editoriali
Biden approva le trivellazioni petrolifere in Alaska: una buona notizia per gli europei
Un controverso piano da 8 miliardi di dollari, con cui la Casa Bianca porterà avanti la strategia di lungo periodo per l’indipendenza energetica e risponderà allo choc provocato dalla guerra in Ucraina. Con ricadute positive anche in Europa, ecco perché
Joe Biden ha approvato un controverso piano da 8 miliardi di dollari per le trivellazioni petrolifere nell’Alaska nord-occidentale. Il progetto Willow sarà sviluppato dal gigante dell’energia ConocoPhillips in un’area di 23 milioni di acri (930 mila km²) che è il più grande tratto di suolo pubblico degli Stati Uniti. Secondo le stime, in 30 anni saranno prodotti circa 600 milioni di barili con un picco di 180 mila barili al giorno (pari all’1,6 per cento della produzione statunitense), ma anche il rilascio di 280 milioni di tonnellate di CO2 in un’area molto delicata per il riscaldamento globale.
Il progetto ha il sostegno dell’industria energetica, dei politici e della popolazione locale visto che porterà almeno 2.500 posti di lavoro. Ma nonostante la decisione sia il risultato di un compromesso (tre pozzi invece di cinque), viene osteggiata dagli attivisti per il clima e da alcuni gruppi dei nativi dell’Alaska, che la considerano un tradimento delle promesse di un’Amministrazione che si è impegnata a decarbonizzare l’economia e a bloccare nuove trivellazioni. Tuttavia, Biden deve bilanciare gli obiettivi ambientalisti con le richieste di aumentare l’offerta nazionale di petrolio per tenere bassi i prezzi e “domare” le conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina.
La Casa Bianca ha anche il dovere di portare avanti la strategia americana di lungo periodo per l’indipendenza energetica, una politica che dal 2005 ha visto tutte le amministrazioni promuovere la produzione e le esportazioni di petrolio per ridurre il deficit di importazioni (all’epoca 12 milioni di barili al giorno), fino ad arrivare ai piccoli surplus del 2020 e 2021. L’anno scorso la guerra in Ucraina ha rimesso in discussione i flussi commerciali del petrolio spingendo gli Stati Uniti a sbloccare le riserve strategiche e a esportare in Europa 1,75 milioni di barili al giorno (un incremento del 70 per cento rispetto al 2021). Di fronte a questo choc esterno anche Washington è costretta a rimandare i target climatici, ma per i paesi europei l’indipendenza energetica statunitense è un’ottima notizia.