Editoriali
C'è un modo per aiutare Israele e Bibi: rivedere insieme la riforma della giustizia
Likud, il partito di Benjamin Netanyahu, dovrà rompere i ranghi. Dall'interno arriva qualche voce contraria che può aiutare a risanare la frattura dello stato
Benjamin Netanyahu ha dovuto rimandare la sua visita a Londra, perché non ha trovato personale di volo disposto ad accompagnarlo, nel giorno in cui la Knesset, il Parlamento israeliano, ha anche ratificato la legge che impedisce che un premier in carica sia dichiarato inadatto dalla Corte suprema a svolgere le sue funzioni per problemi con la giustizia. Netanyahu, che si trova sotto processo per diversi capi di accusa, si blinda il futuro e Israele, che pure lo ha votato in larga maggioranza, non vuole che questo rappresenti per il paese la fine dello stato di diritto.
Tutto quello che sta avvenendo in Israele avviene nella cornice della democrazia: le leggi vengono approvate attraverso l’iter parlamentare, le manifestazioni continuano senza che nessuno tenti di fermarle. Ma vale la pena di ragionare su una domanda: Israele ha bisogno di una riforma o di una rivoluzione? Ieri la coalizione di governo ha annullato un disegno di legge nato per tutelare le donne dalle violenze dei loro mariti, come voluto dai partiti di estrema destra che compongono la maggioranza e che sanno di avere un premier ricattabile che per la sua riforma della giustizia sembra pronto a dimenticare i suoi princìpi.
Non si accorge neppure di quanto i suoi nuovi, inediti, alleati stiano nuocendo alla sua eredità e soprattutto al suo paese. Soltanto un compromesso potrà salvare il paese in questo momento difficilissimo. Il presidente Isaac Herzog ha provato a favorire questo compromesso sulla riforma della giustizia e il premier gli ha risposto “no, grazie”. L’altra via per arrivare a un compromesso passa per il Likud, il partito di Netanyahu, da dove arriva qualche voce contraria alle nuove leggi. Ieri il ministro della Difesa Yoav Galant diceva di voler chiedere pubblicamente una revisione della riforma, ed è proprio di questo che Israele ha bisogno in questo momento: di collaboratori di Bibi che rompano i ranghi, che capiscano che è il momento di aiutare la divisa e inferocita Israele a sanare la sua frattura.