Editoriali
La Spagna è l'avanguardia del “Mondo nuovo”, ma alla surrogata dice no
I progressisti del governo di Pedro Sánchez sono contro l'utero in affitto: "Le donne dietro questi casi sono vittime di una chiara discriminazione per povertà"
Oggi in Spagna l’aborto è un diritto di libertà procreativa, l’eugenetica uno strumento di progresso. La pillola è del giorno prima, del giorno dopo, di sempre. Alla fecondazione si ricorre a tutti i costi, perché i figli sono un diritto e l’eterologa è una beatitudine per la mamma single e le coppie lesbiche. Il matrimonio gay poi è una bandiera. E il paese è diventato anche il “granaio d’Europa” per il business della fecondazione assistita.
L’attuale governo rosso-viola guidato da Pedro Sánchez ha approvato tre leggi recentemente che vanno nella direzione del “Mondo nuovo”: eutanasia, aborto per le minorenni senza consenso dei genitori e Ley Trans sull’identità di genere. Non si può dire che Madrid non sia la capitale del progressismo. Ma sull’utero in affitto c’è una convergenza di lotta per dire “no”. Il caso dell’attrice spagnola Ana Obregón, affidatasi alla gestazione per altri in Florida per diventare madre a 68 anni, ha scatenato un grande dibattito nel paese.
“Come sapete, è una pratica illegale in Spagna – ha detto la ministra dell’Uguaglianza Irene Montero (Podemos) – non dimentichiamoci delle donne che ci sono dietro questi casi, vittime di una chiara discriminazione per povertà”. La maternità surrogata è non solo vietata dall’articolo 10 della legge 14/2006 ma ora, con la nuova legge sull’aborto, è considerata anche “violenza contro le donne”. Per questo motivo, è vietata la pubblicità delle società di intermediazione che cercano di contattare famiglie o persone interessate in Spagna.
C’è dunque una sinistra a cui non piacciono queste donne prestatrici di nascite, donne involucro con le spese rimborsate, cameriere della maternità, un business come un altro e sempre più fiorente, sempre più regolarizzato, sempre meno sconvolgente nell’occidente dove rischiamo di spacciare anche la schiavitù per un nuovo fantastico diritto.
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